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NEL 2023 SONO MORTE 6618 MIGRANTI CHE CERCAVANO DI RAGGIUNGERE LA COSTA SPAGNOLA

Below: ENGLISH, SPANISH, GERMAN, FRENCH.


L’organizzazione CA-MINANDO FRONTERA ha pubblicato il suo rapporto annuale nel quale analizza le diverse traiettorie che realizzano le persone che cercano di raggiungere la Spagna, documentando le morti e investigando le responsabilità dei diversi governi.
Il rapporto completo potete scaricarlo nel loro sito web

www.caminandofronteras.org


L’anno 2023 è stato il più mortale da quando abbiamo memoria, se nel 2021 le vittime furono 4639, 12 al giorno, nel 2023 il numero della vergogna arriva a 6618, 18 al giorno.
La rotta Atlantica verso le Isole Canarie torna ad essere la regione migratoria più letale al mondo. In questa zona di transito c’è da segnalare che durante il 2023 ci sono stati più arrivi da luoghi più lontani come Mauritania, Senegal e Gambia. In concreto, a partire dal mese di giugno l’aumento di barche provenienti dal Senegal mostra l’esodo provocato, come vedremo in questo rapporto, dell’instabilità sociale e politica del paese.

Il risultato della nostra inchiesta mette al centro le cause che provocano la morte nelle frontiere e l’utilizzo di mezzi di soccorso discriminatori nel controllo migratorio. Questa è una pratica generalizzata che abbiamo identificato in tutte le rotte di accesso e che la nostra organizzazione ha letto in vari rapporti durante gli ultimi anni.

Durante il 2023, constatiamo che questi strumenti di controllo migratorio convivono con protocolli, in molti casi non scritti, di enti pubblici che dovrebbero garantire i diritti e che si sono convertiti in strumenti che attentano contro la vita dei migranti. La realizzazione di fatto di queste pratiche fuori dai sistemi democratici di garanzia e trasparenza provocano vulnerabilità per le vittime e i sui familiari e permette l’impunità ai sui aguzzini.

Abbiamo scoperto che in molte delle tragedie documentate, i soccorsi non sono stati attivati e se lo sono stati con un ritardo significativo che ha messo a rischio la vita delle persone. Ciò è stato accompagnato da un aumento di metodi di ricerca passiva (in cui le autorità lanciano un allarme alle imbarcazioni commerciali o da diporto che sono nell’area in cui si trova l’imbarcazione da soccorrere, in modo che la responsabilità effettiva di localizzare l’imbarcazione ricada su queste navi e gli enti competenti non mobilitino alcun mezzo a tale scopo), con scarsa efficacia, a scapito dell’attivazione dei mezzi di ricerca per il soccorso. L’applicazione di questo pregiudizio migratorio di non attivare i soccorsi ,o i ritardi, ha riguardato anche le imbarcazioni a rischio per le quali erano state fornite le coordinate esatte.

Questi ritardi nell’attivazione dei mezzi di soccorso per salvare le persone in pericolo sono causati dall’attuazione di relazioni tra Stati basate sull’esternalizzazione delle frontiere e non sulla collaborazione tra Paesi stabilita dalla Convenzione delle Nazioni Unite per la salvaguardia del diritto alla vita in mare. Ciò fa sì che lo Stato spagnolo spinga affinché i salvataggi vengano effettuati da Paesi terzi, anche se l’altro Paese non ha mezzi, capacità o volontà sufficienti per farlo. L’esternalizzazione si concentra sull'”intercettazione della migrazione” e non sul “salvataggio delle persone”, il che rappresenta un attacco diretto all’obbligo di salvaguardare la vita.

Inoltre, durante il nostro monitoraggio, abbiamo potuto constatare che le informazioni che circolano tra le autorità dei diversi Paesi non mettono al centro i diritti umani, ma sono subordinate agli accordi bilaterali relativi alle politiche di controllo delle migrazioni.
In questo senso, le persone che attraversano il confine sono utilizzate come strumento di negoziazione per gli interessi politici tra i Paesi. In particolare, la rotta atlantica è la più colpita nel 2023 dalla variazione di queste relazioni, soprattutto quelle stabilite tra Spagna e Marocco, Senegal e Mauritania.

In questo quadro di controllo delle migrazioni c’è una grande arbitrarietà nell’attivazione dei mezzi di soccorso e nella quantità di risorse utilizzate per salvare la vita delle persone in movimento. Si è assistito ad una riduzione dei mezzi dedicati alla tutela delle persone sulle rotte migratorie, promuovendo e investendo in quelli dedicati al controllo delle frontiere.

Un’altra delle cause che mette a rischio la vita dei migranti in mare è la considerazione da parte dei servizi di soccorso che i barconi con cui effettuano le traversate migratorie siano conformi ai requisiti di sicurezza nautica, con una valutazione arbitraria di ogni caso da parte dei servizi di soccorso, che ignora le raccomandazioni sulle imbarcazioni a rischio da parte delle Nazioni Unite per la protezione della vita in mare. Il pregiudizio migratorio accompagna anche l’intervento durante i naufragi, facendo sì che i servizi intervengano solo al momento del salvataggio e non continuino la ricerca di eventuali sopravvissuti o il recupero dei cadaveri, non rispettando i diritti dei morti e delle loro famiglie.

Abbiamo anche rilevato, nel corso del 2023, un aumento della criminalizzazione e della stigmatizzazione delle organizzazioni sociali e familiari che segnalano la presenza di persone in pericolo in mare. Ciò influisce sulla ricezione delle informazioni fornite, che in molti casi i servizi di soccorso si sono rifiutati di riportare, mentre in altri casi il trattamento di queste informazioni “con sospetto” ha portato ad errori di analisi da parte dei servizi di soccorso che hanno finito per causare tragedie.

Nel nostro rapporto abbiamo potuto documentare pratiche scorrette durante i salvataggi, come l’abbordaggio di imbarcazioni a rischio con attrezzature di salvataggio non conformi alle condizioni di salvataggio.
Inoltre, sulla base di intercettazioni, le autorità dei Paesi hanno causato il capovolgimento delle imbarcazioni dei migranti, con conseguenti naufragi.

Le barche di migranti hanno anche provocato morti a causa dell’intervento violento delle forze di sicurezza che, applicando le politiche di controllo della migrazione, hanno sparato contro le imbarcazioni, causando la morte delle persone a bordo.
In generale, le persone in movimento arrivano ai valichi di frontiera in condizioni di vulnerabilità e indifese, il che è anche causa di un aumento della mortalità. Questo fa sì che accettino di viaggiare su imbarcazioni secondarie in condizioni di rischio che impediscono una navigazione sicura. Durante la nostra inchiesta, abbiamo anche documentato che i luoghi e gli orari di partenza sono anch’essi a rischio di vita, poiché le condizioni meteorologiche sfavorevoli e le partenze di gruppo hanno aumentato le situazioni di rischio.

D’altra parte, nel 2023, la rotta più lunga e pericolosa, che ha come destinazione El Hierro, è stata attivata a causa dell’aumento dei controlli lungo le coste del Senegal e della Mauritania.
I pescherecci che transitano su questa rotta migratoria corrono un grave rischio quando entrano nell’Atlantico, perché qualsiasi guasto al motore o perdita di rotta li fa precipitare inesorabilmente nelle profondità dell’Oceano Atlantico.

Le rotte atlantiche

Gli accordi con il Marocco stanno spostando le partenze sempre più a sud del Marocco, aumentando i viaggi dal Sahara occidentale, dalla Mauritania, dal Senegal e dal Gambia. Logicamente, più miglia e più giorni di viaggio aumentano esponenzialmente il rischio di morte durante la traversata. Dal 2019, le persone che utilizzavano la rotta dello Stretto di Gibilterra partono dalla costa compresa tra Agadir e Dakhla nel tentativo di raggiungere le Isole Canarie. Su questo tratto, che tradizionalmente veniva percorso con imbarcazioni in legno o in fibra, si sta verificando l’uso di gommoni, i quali sono molto più fragili e hanno una ridotta galleggiabilità. Tutto ciò ha provocato 51 incidenti, tra cui 21 imbarcazioni disperse, e la morte di 1.418 persone.

La cosiddetta “rotta delle canoe”, che parte dal Senegal, è stata la più letale e ha portato con sé 3.176 persone. L’instabilità sociale, politica e la repressione contro le proteste antigovernative hanno portato ad un aumento del numero di partenze e, con esso, a un aumento del numero di vittime. Oltre alle critiche all’autoritarismo presidenziale e alla persecuzione degli oppositori, le

manifestazioni che hanno attraversato il Paese nel 2023 hanno puntato il dito contro lo Stato senegalese come responsabile del aumento della pesca estensiva, in quanto ha venduto licenze di pesca ad altri Paesi, facendo sì che i grandi pescherecci devastino il mare, distruggendo persino le loro reti da pesca tradizionali. L’instabilità politica si aggiunge così all’impoverimento del Paese, perché la pesca è sempre più saccheggiata dalle multinazionali francesi e dalle tonniere spagnole. Tutto questo ha portato sempre più giovani, compresi bambini e neonati, a rischiare la vita in mare. Inoltre, la repressione dei migranti in Mauritania fa sì che le imbarcazioni si allontanino sempre più dalla costa, perdendo il loro punto di riferimento e cercando di raggiungere El Hierro, l’isola più lontana dell’arcipelago, aumentando così i rischi della traversata.

Sulla rotta che parte dal Gambia, la più lontana, hanno perso la vita 1.018 persone, mentre 395 sono morte sulla rotta mauritana.

Le rotte del Mediterraneo

L’attraversamento del Mediterraneo per raggiungere le coste spagnole ha causato la morte di 611 persone. La rotta più letale è quella dall’Algeria verso il Levante (costa dalla Catalogna a Murcia) e le Isole Baleari, dove sono morte 434 persone.
Nello Stretto di Gibilterra e nel Mare di Alboran ci sono stati 147 morti, molti dei quali persone che hanno cercato di raggiungere Ceuta e Melilla a nuoto o che si sono imbarcate sui “toys”, imbarcazioni gonfiabili a remi.

Ca-minando Fronteras denuncia che proprio in questa zona lo Stato spagnolo si sottrae alle sue funzioni di salvataggio, esternalizzando il diritto alla vita alle autorità marocchine, privilegiando ancora una volta il controllo dei migranti rispetto alla tutela della loro vita.

TODO POR HACER – Pubblicazione Anarchica Mensile

www.todoporhacer.org



A TOTAL OF 6618 INDIVIDUALS LOST THEIR LIVES IN 2023 WHILE ATTEMPTING TO REACH THE SPANISH COST

A week ago, the organisation CA-MINANDO FRONTERA published its annual report, which analysed the various routes taken by individuals attempting to reach Spain, documented the resulting deaths and investigated the responsibilities of various governments.

The full report can be downloaded from the Caminando Fronteras website

www.caminandofronteras.org


The year 2023 was the deadliest on record, with a total of 6,618 deaths, 18 per day, compared to 4,639 in 2021, 12 per day.
The Atlantic route to the Canary Islands has once again emerged as the deadliest migratory region in the world. During 2023, there were more arrivals from countries as far away as Mauritania, Senegal and Gambia. In particular, since June, the increase in boats from Senegal can be attributed to the exodus caused by the country’s social and political instability, as will be discussed in this report.
The outcome of our investigation concerns the causes of death at the borders and the utilisation of discriminatory means of assistance in migration control. This is a generalised practice that has been identified in all access routes and that our organisation has read about in various reports over the last few years.
During 2023, it has become evident that these instruments of migration control coexist with protocols, in many cases unwritten, of public bodies that are supposed to guarantee rights and that have been converted into instruments that attack migrants’ lives. The de facto implementation of these practices outside democratic systems of guarantee and transparency causes vulnerability for victims and their families and allows impunity for their torturers.
A review of the documented cases revealed that in many instances, a rescue was not initiated promptly if it was initiated at all. In some cases, the delay in initiating rescue was significant, which placed the lives of the individuals in question at risk. This has been accompanied by an increase in passive search methods, whereby the authorities issue an alert to commercial or recreational vessels that are in the area where the vessel to be rescued is located. This places the responsibility for locating the vessel on these vessels, rather than on the competent bodies, and results in a lack of effectiveness in activating search means for rescue. Furthermore, the application of this migratory bias, which results in the non-activation of rescue or delays, also affects vessels at risk for which exact coordinates have been provided.
The delays in activating rescue operations to save people in danger are caused by the implementation of relations between states based on the externalisation of borders and not on the collaboration between countries established by the United Nations Convention for the Protection of the Right to Life at Sea. This results in the Spanish state pushing for rescues to be carried out by third countries, even if the other country does not have sufficient means, capacity or will to do so. The externalisation of borders focuses on the interception of migration rather than on the rescue of people, which constitutes a direct attack on the obligation to safeguard life.
Furthermore, our monitoring revealed that the information exchanged between authorities in different countries does not prioritise human rights but rather serves to reinforce bilateral agreements on migration control policies.
In this context, individuals attempting to cross international borders are exploited as a means of advancing political agendas between countries. In particular, the Atlantic route has been significantly impacted by the shifting dynamics of these relations, particularly those established between Spain and Morocco, Senegal and Mauritania.

In this migration control framework, there is a significant degree of arbitrariness in the activation of rescue means and the amount of resources used to save the lives of people on the move. There has been a reduction in the resources dedicated to the protection of people on migration routes, with a concomitant increase in those dedicated to border control.
Another factor contributing to the endangerment of migrants at sea is the assessment by rescue services of the compliance of the barges used for their migratory crossings with the requisite nautical safety standards. This assessment is arbitrary, as it fails to adhere to the United Nations’ recommendations on vessels at risk for the protection of life at sea. Furthermore, migration bias is evident in the manner in which rescue services respond to shipwrecks. Rather than continuing the search for survivors and the recovery of bodies, these services tend to intervene only at the moment of rescue, thereby disregarding the rights of the deceased and their families.
Furthermore, during 2023, there was a noticeable increase in the criminalisation and stigmatisation of social and family organisations that report the presence of people in distress at sea. This has a detrimental effect on the reception of the information provided, with the rescue services frequently refusing to report it. In other instances, the treatment of this information with suspicion has led to errors in analysis by the rescue services, which have in turn resulted in tragic outcomes.
The report documented instances of malpractice during rescues, including the boarding of unsafe vessels with non-compliant life-saving equipment.
Furthermore, based on interceptions, country authorities have been known to cause migrants’ boats to capsize, resulting in shipwrecks.
Furthermore, the violent intervention of security forces has resulted in the death of migrants on board boats. This occurred when security forces applied migration control policies and fired at the boats, causing the death of those on board.
In general, migrants arriving at border crossings are in a vulnerable and defenceless condition, which also causes increased mortality. This makes them accept to travel in secondary boats in risky conditions that prevent safe navigation. During our investigation, we also documented that the places and times of departure are also life-threatening, as unfavourable weather conditions and group departures have increased the risk situations.
Conversely, in 2023, the longest and most dangerous route, to El Hierro, was activated due to increased controls along the coasts of Senegal and Mauritania.
Vessels traversing this migratory route face a significant risk upon entering the Atlantic Ocean. Any engine failure or loss of control will result in the vessel’s inevitable descent into the depths of the Atlantic.

The Atlantic routes

Agreements with Morocco are resulting in an increasing number of departures from the Moroccan coast, with an accompanying increase in the number of voyages from Western Sahara, Mauritania, Senegal and Gambia. It is therefore to be expected that the risk of death during the crossing will increase linearly with the number of miles and days of travel. Since 2019, people using the Strait of Gibraltar route have been leaving the coast between Agadir and Dakhla in an attempt to reach the Canary Islands. In this region, which has traditionally been traversed by wooden or fibre boats, the use of dinghies, which are much more fragile and have reduced buoyancy, has become prevalent. This has resulted in 51 accidents, including 21 missing boats, and the deaths of 1,418 people.
The so-called ‘canoe route’ from Senegal was the deadliest, claiming the lives of 3,176 people. Social and political instability, coupled with the crackdown on anti-government protests, led to an increase in the number of departures, resulting in a corresponding rise in the number of fatalities. In addition to criticism of presidential authoritarianism and the persecution of opponents, the

Demonstrations across the country in 2023 have identified the Senegalese state as the primary instigator of the increase in extensive fishing, as it has sold fishing licences to other countries, resulting in the devastation of the sea by large fishing boats and the destruction of traditional fishing nets. The combination of political instability and the impoverishment of the country has led to the plunder of fishing resources by French multinationals and Spanish tuna boats. This has led to an increase in the number of young people, including children and infants, risking their lives at sea. Furthermore, the repression of migrants in Mauritania has resulted in boats moving further and further away from the coast, losing their point of reference and attempting to reach El Hierro, the most distant island of the archipelago, thereby increasing the risks of the crossing.
The greatest number of fatalities occurred on the route from Gambia, with 1,018 individuals losing their lives. In contrast, 395 people died on the Mauritanian route.

The Mediterranean routes

A total of 611 individuals perished while attempting to cross the Mediterranean Sea to reach Spanish shores. The most lethal route was from Algeria to the Levant (the coastline from Catalonia to Murcia) and the Balearic Islands, where 434 people lost their lives.
In the Strait of Gibraltar and the Alboran Sea, 147 individuals perished, many of whom attempted to reach Ceuta and Melilla by swimming or by boarding “toys,” inflatable rowing boats.
Ca-minando Fronteras has denounced the Spanish state for its failure to fulfil its obligations in this area, effectively outsourcing the responsibility for the lives of migrants to the Moroccan authorities. This approach has the effect of prioritising the control of migrants over their protection.
It is recommended that further action be taken.
This is a monthly publication of the anarchist movement.

Please visit www.todoporhacer.org for further information.



6618 personas han muerto en 2023 tratando de alcanzar nuestras costas

Hace unas semanas, la organización CA-MINANDO FRONTERAS publicó su informe anual en el que analizan los distintos trayectos que realizan las personas que tratan de alcanzar nuestro país, documentando las muertes e investigando la responsabilidad de los distintos gobiernos en ellas.

Les cedemos estás páginas para que nos den a conocer lo que ocurre en nuestras fronteras. El informe completo, muy recomendable, puede descargarse en la web

www.caminandofronteras.org.


El año 2023 ha sido el más mortífero desde que tenemos registros, y si en 2021 fueron 4639 las víctimas y 12 personas murieron al día en los cruces migratorios, en el 2023 las cifras de la vergüenza se elevan a 6.618 con una estadística de 18 muertes diarias.

La ruta Atlántica hacia las islas Canarias vuelve a ser la región migratoria más letal del mundo durante este período, engrosando estos datos. En esta zona de tránsito hay que destacar durante este año el aumento de salidas desde los lugares más lejanos de la ruta, como son Mauritania, Senegal y Gambia. En concreto, a partir del mes de junio el aumento de los cayucos provenientes de Senegal muestra el éxodo de su población provocado, como veremos a lo largo de este informe, por una gran inestabilidad social y política en el país.
El resultado de nuestra investigación pone en el centro de las causas que provocan la mortalidad en frontera, la utilización de medios de búsqueda y rescate con sesgo de control migratorio. Esta es una práctica generalizada que hemos identificado en todas las rutas de acceso al Estado español, y que nuestra organización ya ha monitoreado en distintos informes publicados los últimos años.
Durante el 2023, constatamos que estos instrumentos de control migratorio conviven con protocolos, en muchas ocasiones no escritos, de instituciones públicas que deberían ser garantes de derechos y que se han convertido en herramientas que atentan contra la protección de la vida en el mar de las personas migrantes. La implementación de facto de estas prácticas fuera de los sistemas democráticos de garantía y transparencia provoca indefensión para las víctimas y sus familias, y permite la impunidad de los victimarios.
Detectamos que en muchas de las tragedias documentadas no se activaron medios de búsqueda y de rescate o, si se hizo, fue con una tardanza importante que puso en riesgo la vida de las personas. Esto fue acompañado de un incremento de métodos de búsquedas pasivas (en las que las autoridades emiten una alerta a los buques comerciales o de recreo que patrullan por la zona en la que se ubica la embarcación que necesita ser rescatada, de forma que la responsabilidad efectiva de la localización de la embarcación recae sobre estos navíos y las instituciones públicas competentes no movilizan ningún medio a tal efecto), con una eficacia baja, en detrimento de la activación de medios para labores de rescate. La aplicación de este sesgo migratorio de no activación de rescate o de demoras ha afectado incluso a embarcaciones en riesgo de las que se habían facilitado geolocalizaciones.

Estos retrasos en la activación de medios para proteger a las personas en riesgo se producen por la implementación de relaciones entre los Estados basadas en la externalización de fronteras y no en la colaboración entre países que establece la Convención de Naciones Unidas para la protección del derecho a la vida en el mar. Esto provoca que el Estado español presione para que los rescates sean efectuados por terceros países, incluso si el otro país no tiene medios suficientes, capacidades o voluntad de hacerlo. El enfoque de esta externalización es de “interceptación migratoria” y no de “rescates de personas”, lo que ataca de forma directa a la obligación de la salvaguarda de la vida. Además, durante nuestro monitoreo hemos podido constatar que las informaciones que circulan entre las autoridades de los distintos países no ponen en el centro los derechos humanos, sino que están supeditadas a los acuerdos bilaterales relacionados con las políticas de control migratorio.

En este sentido, las personas que cruzan la frontera son usadas como instrumento de negociación en intereses políticos entre países. En concreto, la ruta Atlántica es la más afectada en el año 2023 por la fluctuación de estas relaciones, destacando las establecidas entre el Estado español con Marruecos, Senegal y Mauritania.
En este marco de control migratorio hay una gran arbitrariedad en la activación de los servicios de rescate y en la cantidad de medios que se utilizan para salvar la vida de las personas en movimiento. Se ha producido una reducción de medios dedicados a la protección de la vida en las rutas migratorias, promoviendo e invirtiendo en aquellos que se dedican al control fronterizo.
Otra de las causas que pone en riesgo la vida de las personas migrantes en el mar es la consideración por parte de los servicios de rescate de que las infraembarcaciones en las que hacen los cruces migratorios cumplen con los requisitos de seguridad náutica, efectuando los servicios de salvamento una valoración arbitraria de cada caso, que obvia las recomendaciones sobre embarcaciones en riesgo de los mecanismos de Naciones Unidas para la protección de la vida en el mar. El sesgo migratorio acompaña también en la intervención durante los naufragios, haciendo que
los servicios intervengan únicamente en el momento del rescate y no se continúen las labores de búsqueda de posibles supervivientes ni la recuperación de cadáveres, tan necesaria para el respeto de los derechos de las muertas y sus familias.
Hemos detectado también, durante el año 2023, un aumento de la criminalización y estigmatización de organizaciones sociales y familiares que alertan sobre personas en riesgo en el mar. Esto afecta a la recepción de la información aportada, que en muchos casos los servicios de rescate se han negado a reseñar, mientras que, en otros, el tratamiento de esa información puesta “bajo sospecha” ha provocado errores de análisis por parte de los servicios de salvamento que han terminado provocando tragedias.
En nuestro monitoreo hemos podido documentar malas prácticas durante los rescates, como el abordaje de embarcaciones en riesgo con medios de rescate que no cumplen las condiciones para efectuar los salvamentos.
También, y basándose en un enfoque de interceptación, las autoridades de los países han provocado el vuelco de embarcaciones de personas migrantes produciendo naufragios.
En los embarques de migrantes también se han constatado muertes por la intervención violenta de fuerzas de seguridad que aplicando políticas de control migratorio han tiroteado las embarcaciones causando la muerte de personas a bordo de las mismas.
En general, las personas en movimiento llegan a los cruces migratorios en condiciones de vulnerabilidad e indefensión, lo que se convierte también en causa de una mayor mortalidad. Esto provoca que acepten viajar en infra-embarcaciones en condiciones de riesgo que impiden una navegación segura.
Durante nuestra investigación hemos documentado además que los propios lugares y momentos de salida constituyen también amenazas para la vida, puesto que las condiciones meteorológicas desfavorables y las salidas grupales han aumentado las situaciones de riesgo durante este período.
Por otro lado, durante el año 2023, se ha activado la ruta más larga y peligrosa, que tiene por destino El Hierro, por el aumento de controles a lo largo de las costas de Senegal y Mauritania.
Las embarcaciones de pesca usadas para transitar esta ruta migratoria corren un grave riesgo cuando se adentran en el Atlántico, porque cualquier fallo de motor o pérdida de rumbo las envía de forma inexorable a lo más profundo del océano Atlántico.

Las rutas atlánticas

Los acuerdos con Marruecos están desplazando el origen de las salidas cada vez más hacia el sur de este país, aumentando los viajes desde el Sáhara Occidental, Mauritania, Senegal y Gambia. Lógicamente, más millas y días de viaje aumentas exponencialmente el riesgo de muerte en la travesía.

Desde 2019, las personas que utilizaban la ruta del Estrecho están partiendo desde la margen costera comprendida entre Agadir y Dajla tratando de llegar a las Islas Canarias. En este tramo, que tradicionalmente se realizaba con embarcaciones de madera o fibra, se está detectando el uso de embarcaciones neumáticas, mucho más frágiles y de flotabilidad reducida. Todo esto ha provocado 51 tragedias, entre ellas 21 embarcaciones desaparecidas, y la muerte de 1.418 personas.
La llamada “Ruta de los cayucos”, que parte desde Senegal, ha sido las más mortífera y se ha llevado a 3.176 personas. La inestabilidad social y política y la represión que están sufriendo las protestas antigubernamentales, han provocado que aumente el número de salidas y, con ello, el de muertes. Además de las críticas al autoritarismo presidencial y a la persecución de la oposición, en las manifestaciones que recorrieron el país durante el año 2023 se señalaba también como responsable de los procesos extractivistas de la pesca al Estado senegalés, que está vendiendo licencias de pesca a otros países provocando que los grandes buques arrasen con sus medios de vida, incluso destruyendo sus redes de pesca tradicionales. La inestabilidad política se une así al empobrecimiento del país porque la pesca cada vez está más esquilmada por las multinacionales francesas y los barcos atuneros españoles.
Todo ello ha llevado a que cada vez se jueguen la vida en el mar personas más jóvenes, incluyendo niños y bebés.
Además, la represión de la migración en Mauritania está provocando que las embarcaciones se alejen cada vez más de la costa, perdiendo la referencia y tratando de llegar a El Hierro, la isla más lejana del archipiélago, incrementando por tanto los riesgos de la travesía.
En la ruta que parte de Gambia, la más lejana, han perdido la vida 1.018 personas y en la de Mauritania han muerto 395.

Las rutas mediterráneas

El cruce del Mediterráneo para alcanzar las costas españolas se ha cobrado la vida de 611 personas. La ruta más letal es la que desde Argelia trata de llegar al Levante y a Baleares, en la que han muerto 434 personas.
En el Estrecho y en el Mar de Alborán se produjeron 147 muertes, muchas de ellas de personas que trataban de llegar a nado a Ceuta y Melilla o que se embarcaban en las llamadas toys, embarcaciones hinchables de remos.
Desde Caminando Fronteras denuncias que es en esta zona donde el Estado español más rehuye sus funciones de rescate, externalizando el derecho a la vida en las autoridades de Marruecos primando una vez más el control migratorio sobre la protección de la vida.

TODO POR HACER – Publicación Anarquista Mensual

www.todoporhacer.org



Im Jahr 2023 sind 6618 Menschen bei dem Versuch gestorben, die spanische Küste zu erreichen.

Vor einer Woche hat die Organisation CA-MINANDO FRONTERA ihren Jahresbericht veröffentlicht. Darin geht es um die verschiedenen Wege, auf denen Menschen versuchen, nach Spanien zu kommen. Außerdem werden die Todesfälle dokumentiert und die Verantwortung der verschiedenen Regierungen untersucht.

Den vollständigen Bericht können Sie auf der Website herunterladen.
www.caminandofronteras.org


Die Atlantikroute zu den Kanarischen Inseln ist wieder einmal die tödlichste Migrationsregion der Welt. Im Jahr 2023 kamen mehr Menschen aus Ländern wie Mauretanien, Senegal und Gambia. Besonders viele kamen aus dem Senegal. Das liegt an der sozialen und politischen Instabilität des Landes.
Wir haben untersucht, warum Menschen an den Grenzen sterben und warum sie diskriminiert werden. Das ist eine allgemeine Praxis, die wir an allen Grenzen festgestellt haben.
Im Jahr 2023 stellen wir fest, dass diese Instrumente der Migrationskontrolle mit ungeschriebenen Protokollen öffentlicher Einrichtungen koexistieren, die eigentlich Rechte garantieren sollten. Diese wurden aber in Instrumente umgewandelt, die das Leben von Migranten angreifen. Die Umsetzung dieser Praktiken außerhalb demokratischer Kontrolle macht die Opfer und ihre Familien schutzlos und ermöglicht den Tätern, straffrei zu bleiben.
Bei vielen Tragödien wurden keine Rettungsmaßnahmen eingeleitet. Wenn doch, dann mit großer Verzögerung. Dadurch war das Leben der Menschen in Gefahr. Das führte dazu, dass die Behörden Handels- oder Freizeitschiffe warnten, die sich in der Nähe des gesuchten Schiffes befanden. Dadurch mussten die zuständigen Stellen keine eigenen Suchmittel einsetzen. Allerdings sind diese Methoden wenig effektiv und gehen zu Lasten der Aktivierung von Suchmitteln zur Rettung. Auch für gefährdete Schiffe, für die genaue Koordinaten übermittelt worden waren, wurden keine Rettungsmaßnahmen aktiviert oder es gab Verzögerungen.
Die Verzögerungen bei der Rettung von Menschen in Gefahr sind auf die Beziehungen zwischen den Staaten zurückzuführen. Diese basieren auf der Externalisierung der Grenzen und nicht auf Zusammenarbeit. Der spanische Staat will, dass andere Länder Menschen retten, obwohl sie dafür nicht genug Geld, Material oder den Willen haben. Es geht nicht mehr nur darum, Menschen zu retten, sondern darum, Migration zu stoppen. Das ist ein Angriff auf die Verpflichtung, Menschenleben zu schützen.
Wir haben beobachtet, dass Informationen zwischen Behörden verschiedener Länder nicht immer die Menschenrechte in den Mittelpunkt stellen. Sie sind oft nur ein Mittel, um bilaterale Abkommen über die Migrationskontrolle zu erreichen.
Die Menschen, die die Grenze überqueren, werden benutzt, um politische Interessen zwischen Ländern durchzusetzen. Besonders betroffen ist die Atlantikroute. Vor allem Spanien und Marokko, Senegal und Mauretanien haben sich verändert.

Es gibt keine Regeln, wann Rettungsmittel eingesetzt werden und wie viel Geld dafür ausgegeben wird. Es wird weniger Geld für den Schutz von Menschen auf den Migrationsrouten ausgegeben, aber mehr für die Grenzkontrolle.
Eine weitere Ursache für die Gefährdung von Migranten auf See ist, dass die Rettungsdienste davon ausgehen, dass die Lastkähne, mit denen sie die Migrationsrouten überqueren, sicher sind. Sie beurteilen jeden Fall willkürlich und ignorieren die Empfehlungen der Vereinten Nationen für gefährdete Schiffe. Auch bei der Rettung von Schiffbrüchigen wird nur auf die Migration geachtet. Die Dienste suchen dann nicht weiter nach Überlebenden oder Leichen. So werden die Rechte der Toten und ihrer Familien missachtet.
Im Jahr 2023 haben wir auch festgestellt, dass soziale und familiäre Organisationen, die Menschen in Seenot melden, kriminalisiert und stigmatisiert werden. Dadurch werden Informationen nicht angenommen oder falsch analysiert.
In unserem Bericht haben wir gesehen, dass Rettungsaktionen nicht richtig durchgeführt wurden. Zum Beispiel sind Leute auf unsichere Schiffe gegangen, obwohl sie keine richtige Rettungsausrüstung hatten.
Die Behörden haben Boote von Migranten zum Kentern gebracht. Dadurch sind Menschen ertrunken.
Auch wenn Sicherheitskräfte auf die Boote geschossen haben, sind Menschen gestorben.
Die Menschen kommen an den Grenzen in einem schwachen Zustand an. Deshalb nehmen sie in Kauf, in zweiten Booten zu reisen, die nicht sicher sind. Wir haben auch festgestellt, dass die Orte und Zeiten der Abreise gefährlich sind. Das liegt an Wetterbedingungen und Gruppenabfahrten.
Andererseits wurde 2023 die gefährlichste Route nach El Hierro aktiviert.
Schiffe, die diese Route befahren, sind bei der Einfahrt in den Atlantik in Gefahr. Wenn der Motor ausfällt oder sie ihren Kurs verlieren, gehen sie unter.

Die Routen über den Atlantik

Durch die Abkommen mit Marokko fahren die Boote immer mehr im Süden Marokkos los und nehmen Kurs auf die Westsahara, Mauretanien, Senegal und Gambia. Je länger die Strecke und je mehr Tage die Reise dauert, desto höher ist das Risiko, unterwegs zu sterben. Seit 2019 verlassen die Menschen, die die Straße von Gibraltar benutzen, die Küste zwischen Agadir und Dakhla, um die Kanarischen Inseln zu erreichen. Auf dieser Strecke werden jetzt Schlauchboote eingesetzt, die anfälliger sind und weniger Auftrieb haben. 51 Menschen sind gestorben und 21 Boote sind verschwunden.
Die Kanuroute vom Senegal aus war die tödlichste. 3.176 Menschen sind dort gestorben. Die politische Lage war instabil und es gab Proteste gegen die Regierung. Deshalb sind mehr Menschen mit dem Boot gefahren und es gab mehr Tote. Die Leute haben den Präsidenten kritisiert und Gegner verfolgt.

Die Leute demonstrierten 2023 auch, weil der Staat die Fischerei an andere Länder verkauft hat. Dadurch kamen große Boote und zerstörten die Fischernetze. Das Land wird immer ärmer und politisch instabil. Die Fischerei wird von französischen und spanischen Unternehmen ausgebeutet. Deshalb riskieren immer mehr junge Menschen ihr Leben auf dem Meer. Die Menschen fliehen auch deshalb aus Mauretanien, weil sie dort unterdrückt werden. Sie verlassen das Land und nehmen immer längere und gefährlichere Wege auf sich.
Von Gambia aus sind 1.018 Menschen gestorben. Von Mauretanien aus 395.

Die Mittelmeerrouten

611 Menschen sind bei der Überquerung des Mittelmeers gestorben. Die tödlichste Route führt von Algerien zur spanischen Küste. 434 Menschen sind dabei gestorben.
In der Straße von Gibraltar und im Alboran-Meer starben 147 Menschen. Viele von ihnen versuchten, schwimmend Ceuta und Melilla zu erreichen oder fuhren mit aufblasbaren Ruderbooten.
Die Organisation „Caminando Fronteras” sagt, dass Spanien sich in diesem Gebiet nicht um die Rettung von Menschenleben kümmert. Es gibt nämlich ein Abkommen mit Marokko, nach dem die spanischen Behörden nicht für die Migranten zuständig sind.

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6618 personnes sont mortes en 2023 en tentant d’atteindre les côtes espagnoles

Il y a une semaine, l’organisation CA-MINANDO FRONTERA a publié son rapport annuel dans lequel elle analyse les différentes trajectoires des personnes qui tentent d’atteindre l’Espagne, en documentant les décès et en enquêtant sur les responsabilités des différents gouvernements.
Vous pouvez télécharger le rapport complet sur le site web de l’organisation

www.caminandofronteras.org

L’année 2023 a été la plus meurtrière depuis aussi longtemps que l’on s’en souvienne. Si en 2021 les victimes étaient au nombre de 4639, soit 12 par jour, en 2023 le nombre de morts atteint 6618, soit 18 par jour.
La route de l’Atlantique vers les îles Canaries est une fois de plus la région migratoire la plus meurtrière au monde. En 2023, il y a eu plus d’arrivées en provenance d’endroits aussi éloignés que la Mauritanie, le Sénégal et la Gambie. Plus précisément, depuis le mois de juin, l’augmentation du nombre de bateaux en provenance du Sénégal témoigne de l’exode provoqué, comme nous le verrons dans ce rapport, par l’instabilité sociale et politique du pays.
Le résultat de notre enquête se concentre sur les causes de décès aux frontières et sur l’utilisation de moyens d’assistance discriminatoires dans le contrôle des migrations. Il s’agit d’une pratique généralisée que nous avons identifiée dans toutes les voies d’accès et dont notre organisation a pris connaissance dans divers rapports au cours des dernières années.
En 2023, nous constatons que ces instruments de contrôle migratoire coexistent avec des protocoles, dans de nombreux cas non écrits, d’organismes publics censés garantir les droits et qui ont été convertis en instruments qui attaquent la vie des migrants. La mise en œuvre de facto de ces pratiques en dehors des systèmes démocratiques de garantie et de transparence rend les victimes et leurs familles vulnérables et permet l’impunité de leurs tortionnaires.
Nous avons constaté que dans de nombreuses tragédies documentées, les secours n’ont pas été activés, et s’ils l’ont été, ils l’ont été avec un retard important qui a mis la vie des personnes en danger. Cela s’est accompagné d’une augmentation des méthodes de recherche passive (dans lesquelles les autorités lancent une alerte aux navires commerciaux ou de plaisance qui se trouvent dans la zone où se trouve le navire à secourir, de sorte que la responsabilité effective de la localisation du navire incombe à ces navires et que les organes compétents ne mobilisent aucun moyen à cette fin), avec peu d’efficacité, au détriment de l’activation des moyens de recherche pour le sauvetage. L’application de ce biais migratoire de non activation des moyens de sauvetage, ou de retard, a également affecté les navires en danger dont les coordonnées exactes avaient été fournies.
Ces retards dans l’activation des moyens de sauvetage des personnes en danger sont dus à la mise en œuvre de relations entre Etats basées sur l’externalisation des frontières et non sur la collaboration entre pays établie par la Convention des Nations Unies pour la protection du droit à la vie en mer. Ainsi, l’État espagnol fait pression pour que les sauvetages soient effectués par des pays tiers, même si l’autre pays n’a pas les moyens, la capacité ou la volonté suffisants pour le faire. L’externalisation se concentre sur “l’interception de la migration” et non sur le “sauvetage des personnes”, ce qui constitue une atteinte directe à l’obligation de protéger la vie.
En outre, au cours de notre suivi, nous avons pu constater que les informations circulant entre les autorités des différents pays ne placent pas les droits de l’homme au centre, mais sont subordonnées aux accords bilatéraux sur les politiques de contrôle des migrations.
En ce sens, les personnes qui traversent la frontière sont utilisées comme un outil de négociation pour les intérêts politiques entre les pays. En particulier, la route atlantique est la plus affectée en 2023 par la variation de ces relations, notamment celles établies entre l’Espagne et le Maroc, le Sénégal et la Mauritanie.

Dans ce cadre de contrôle des migrations, il existe un grand arbitraire dans l’activation des moyens de sauvetage et dans la quantité de ressources utilisées pour sauver la vie des personnes en déplacement. Il y a eu une réduction des moyens consacrés à la protection des personnes sur les routes migratoires, en favorisant et en investissant dans les moyens consacrés au contrôle des frontières.
Une autre cause de mise en danger de la vie des migrants en mer est la considération par les services de sauvetage que les barges avec lesquelles ils effectuent leurs traversées migratoires sont conformes aux exigences de sécurité nautique, avec une évaluation arbitraire de chaque cas par les services de sauvetage, qui ignore les recommandations des Nations Unies sur les navires à risque pour la protection de la vie en mer. Le biais migratoire accompagne également l’intervention lors des naufrages, amenant les services à n’intervenir qu’au moment du sauvetage et à ne pas poursuivre la recherche d’éventuels survivants ou la récupération des corps, au mépris des droits des morts et de leurs familles.
Nous avons également constaté, au cours de l’année 2023, une augmentation de la criminalisation et de la stigmatisation des organisations sociales et familiales qui signalent la présence de personnes en détresse en mer. Cela affecte la réception des informations fournies, que dans de nombreux cas les services de sauvetage ont refusé de rapporter, tandis que dans d’autres cas, le traitement de ces informations “avec suspicion” a conduit à des erreurs d’analyse par les services de sauvetage qui ont fini par causer des tragédies.
Dans notre rapport, nous avons pu documenter des mauvaises pratiques lors des sauvetages, telles que l’embarquement sur des navires peu sûrs et dotés d’équipements de sauvetage non conformes.
En outre, sur la base d’interceptions, les autorités nationales ont fait chavirer des embarcations de migrants, ce qui a entraîné des naufrages.
Les embarcations de migrants ont également fait des victimes en raison de l’intervention violente des forces de sécurité qui, appliquant les politiques de contrôle des migrations, ont tiré sur les embarcations, causant la mort des personnes à bord.
En général, les personnes en déplacement arrivent aux frontières dans un état de vulnérabilité et sans défense, ce qui entraîne également une augmentation de la mortalité. Elles acceptent donc de voyager dans des embarcations secondaires dans des conditions risquées qui empêchent une navigation sûre. Au cours de notre enquête, nous avons également constaté que les lieux et les heures de départ mettent également la vie en danger, car les conditions météorologiques défavorables et les départs en groupe ont augmenté les situations à risque.
D’autre part, en 2023, la route la plus longue et la plus dangereuse, vers El Hierro, a été activée en raison de contrôles accrus le long des côtes du Sénégal et de la Mauritanie.
Les navires transitant par cette route migratoire courent un risque sérieux en entrant dans l’Atlantique, car toute panne de moteur ou perte de cap les plonge inexorablement dans les profondeurs de l’océan Atlantique.

Les routes de l’Atlantique

Les accords avec le Maroc déplacent les départs de plus en plus au sud du Maroc, augmentant les voyages à partir du Sahara occidental, de la Mauritanie, du Sénégal et de la Gambie. Logiquement, plus de kilomètres et plus de jours de voyage augmentent exponentiellement le risque de décès pendant la traversée. Depuis 2019, les personnes qui empruntent la route du détroit de Gibraltar quittent la côte entre Agadir et Dakhla pour tenter de rejoindre les îles Canaries. Sur ce tronçon, traditionnellement parcouru avec des embarcations en bois ou en fibre, on assiste à l’utilisation de canots pneumatiques, beaucoup plus fragiles et à la flottabilité réduite. Ce phénomène a entraîné 51 accidents, dont 21 bateaux disparus, et la mort de 1 418 personnes.
La “route des pirogues” en provenance du Sénégal a été la plus meurtrière et a emporté 3 176 personnes. L’instabilité sociale et politique et la répression des manifestations antigouvernementales ont entraîné une augmentation du nombre de départs et, par conséquent, du nombre de morts. Outre la critique de l’autoritarisme présidentiel et de la persécution des opposants, les manifestations qui ont eu lieu dans tout le pays en 2023 ont été l’occasion d’une prise de conscience.

manifestations à travers le pays en 2023 ont pointé du doigt l’État sénégalais comme responsable de l’augmentation de la pêche extensive, car il a vendu des licences de pêche à d’autres pays, ce qui a amené les grands bateaux de pêche à dévaster la mer, détruisant même leurs filets de pêche traditionnels. L’instabilité politique s’ajoute donc à l’appauvrissement du pays, la pêche étant de plus en plus pillée par les multinationales françaises et les thoniers espagnols. Tout cela a conduit de plus en plus de jeunes, y compris des enfants et des bébés, à risquer leur vie en mer. De plus, la répression des migrants en Mauritanie pousse les bateaux à s’éloigner de plus en plus de la côte, à perdre leur point de repère et à tenter d’atteindre El Hierro, l’île la plus éloignée de l’archipel, augmentant ainsi les risques de la traversée.
Sur la route de la Gambie, la plus éloignée, 1 018 personnes ont perdu la vie, tandis que 395 ont péri sur la route mauritanienne.
Les routes méditerranéennes
La traversée de la Méditerranée pour atteindre les côtes espagnoles a entraîné la mort de 611 personnes. La route la plus meurtrière va de l’Algérie au Levant (côte de la Catalogne à Murcie) et aux îles Baléares, où 434 personnes ont trouvé la mort.
Dans le détroit de Gibraltar et la mer d’Alboran, on dénombre 147 morts, dont de nombreuses personnes qui ont tenté de rejoindre Ceuta et Melilla à la nage ou qui ont embarqué sur des “toys”, des bateaux à rames gonflables.
Ca-minando Fronteras dénonce le fait que c’est précisément dans cette zone que l’État espagnol se dérobe à ses devoirs de sauvetage, en sous-traitant le droit à la vie aux autorités marocaines, privilégiant une fois de plus le contrôle des migrants à la protection de leur vie.

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