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“CI FACCIAMO DUE PASSI? LA VUOI UNA SIGARETTA?”

Condividiamo con gioia uno scritto di Casper il Pirata.
Grazie fantasma.
Hold on, catch the wave.


“CI FACCIAMO DUE PASSI? LA VUOI UNA SIGARETTA?”

Vi racconto una cosa: in galera si incontrano un sacco di persone e, se ti capitano carceri di confine, capita di ritrovarti a incontrare persone da mezzo mondo.
Ma ora non voglio raccontare di scherzi, battute, risate, amici, nemici, risse, casini, partite a calcetto sul cemento o storielle alla “Mare Fuori”.
No. Non che io non lo faccia mai, anzi, a volte “asciugo” pure l’ oceano se sono in buona. Si, perché di storielle, di grandi storie, di piccoli e grandi uomini ne ho viste e sentite tante ma anche combinate: ho i miei meriti e i miei difetti.
Comunque, in mezzo alla bolgia del carcere, a volte capita anche di fare discorsi seri, o perlomeno di provarci.
Certo, non ho per nulla fatto la galera in confronto a molti altri che sono dentro da tanto, che devono starci ancora molto e di carceri magari ne han girati una decina, non solo tre come il sottoscritto. Quindi la mia impressione, come dire, non può rappresentare quella di un vero detenuto anche perché io, poi, mi son sempre considerato un prigioniero.

Uno dei discorsi seri che si faceva in carcere, ad esempio, verteva sullo scappare, su come in alcuni paesi “scappare” è un diritto e la fuga non viene punita, mentre in altri, come l’Italia, scappare, comporta incorrere in un altro reato.
Così, in un volo di chiacchiere serie su cosa era meglio, se un carcere punitivo o un carcere rieducativo, formativo o “civilizzante” si arrivava a parlare delle carceri Italiane, del sovraffollamento, la distribuzione a pioggia di psicofarmaci come fossero caramelle per tenere le persone “tranquille”, oppure della carenza di organico, non solo fra le guardie, ma soprattutto fra le persone più importanti per i detenuti cioè gli psicologi, gli educatori, i “volontari”, i sanitari.
Un altro problema grave vissuto dai detenuti è la carenza di lavoro che quindi li fa pesare sulle famiglie o sugli amici oppure devono arrangiarsi, e arrangiarsi in galera non è il massimo.
Poi, solo alla fine, si passava a parlare della violenza, dei pestaggi, dei suicidi, suicidi e problemi psicologici anche fra le guardie, spesso esauste, spesso impreparate nello stesso discorso, del cibo pessimo ed una lista della spesa sempre più povera nella scelta e nella qualità, e sempre più cara.
Si passava così a sbraitare di soluzioni possibili e così c’era chi diceva che scappare, in Italia, potrebbe essere depenalizzato, così risolviamo un po’ il problema del sovraffollamento, o chi diceva che lavorare su quanto elencato sopra poteva essere un buon inizio.
Fare lavorare i detenuti, o sui banchi di scuola o dove serve al paese in modo che diventino produttivi per loro stessi, in vista anche di un loro reinserimento sociale, alleggerendo di molto le spese per lo stato.

Da anarchico non posso accettare un’idea simile, autoritaria, di ulteriore sfruttamento all’interno di un mondo, il carcere, che non dovrebbe neanche esistere. Ma sono in galera, e mi piace ascoltare i detenuti, sentire quali sono i problemi per loro, non per me, che quei posti li abbatterei.
Mi rendo conto, anche a mie spese, che avere due soldini in carcere ti serve per comprarti le cose di cui hai bisogno per vivere: i prodotti per l’ igiene, il tabacco, il gas se vuoi cucinarti qualcosa, i francobolli, la carta e le buste per scrivere, caricare la tessera per telefonare a casa o all’ avvocato, ma non solo. g
Giustamente in molti, là dentro, mi hanno fatto notare che quando esci, dopo magari molti anni ed il portone ti si chiude alle spalle, nessuno ti sta aspettando fuori. Cosa fai allora se esci con le tasche vuote e magari sei pure di un’altra zona dell’Italia, se non addirittura, di un altra parte di mondo? Cosa pensi che succeda a chi viene buttato in mezzo alla strada senza nulla, senza aver potuto neanche formarsi in qualcosa?

Tutti sapevano cosa pensavo sull’argomento e sapevano bene che, anche se avessi avuto il letto a baldacchino e i rubinetti in oro, per me la galera sarebbe rimasta la galera, una roba medievale, inutile, deleteria, da distruggere.
Ma io ragionavo da prigioniero, da anarchico, e questo loro lo capivano, lo apprezzavano davvero e si parlava anche per ore.

Cos’ è il lavoro in carcere oggi?
(Non tutti, alcuni carceri sono più fortunati e per i più fortunati, pochissimi comunque)

Mi è capitato di passare in un carcere dove a lavorare erano solo gli “infami”, i chiacchieroni.
In un altro c’era come una mafia, le gang, ma non era in Italia…

In uno qui in Italia, un carcere di confine dove la maggior parte dei detenuti sono stranieri, c’era pochissimo lavoro, molti erano senza nessuno fuori che potesse aiutarli, bombardati di pillole per tenerli buoni (pochi soldi, poco tabacco, tante risse, tagli, etc).
Vi lascio immaginare: per lavorare anche solo un paio di mesi ogni sei, come scopino (300 euro al mese per tenere pulita la sezione, auguri) la gente si tagliava, si menava, bruciava la cella, saliva sui muri delle camminate. E l’ amministrazione di quel carcere cosa faceva? Per non avere problemi, quelli che facevano casino, per farli smettere, li metteva a lavorare.
Risultato: la gente non sapeva più cosa inventarsi per creare disordini. D’altronde, se il premio è il lavoro e lo raggiungo facendo casino e, in più, far passare qualcuno avanti a qualcun altro a cui spettava quel lavoro, potete capire cosa poteva causare.
Ottima rieducazione direi, visto che fuori la servitù e lo schiavismo hanno di nuovo sostituito il lavoro.

Niente, non so, mi andava di raccontare qualcosa di serio sul carcere visto da dentro, perché poi fuori siamo tutti “Mare Fuori”.
Un Abbraccio.

Casper il Pirata, Ox Crew.

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