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UN UOMO MONODIMENSIONALE IN UN MONDO TRIDIMENSIONALE

Traduciamo e condividiamo da Crimethinc.

UN UOMO MONODIMENSIONALE IN UN MONDO TRIDIMENSIONALE

Perché le astrazioni, le norme e gli assoluti sono un assalto all’umanità e all’esistenza stessa

 

“Una donna non può mai essere troppo ricca o troppo magra”.

L’anoressica e il body builder inseguono entrambi ideali che si allontanano dinanzi a loro. Quando si inizia a valutarsi con uno standard unidimensionale, come la forza o la magrezza, il troppo non è mai abbastanza: l’obiettivo è sempre più avanti di noi, non importa quanto lontano si vada. Questi ideali non possono essere conseguiti in questo mondo… ma se li si segue abbastanza a fondo, possono condurci fuori da esso, nell’abisso che è il loro vero dominio – come testimoniano chiaramente i primi problemi cardiaci di Arnold Schwarznegger e i suicidi delle rockstar e sex symbol.

È vero che Arnold Schwarzenegger, le attrici di Hollywood e altri come loro sono stati praticamente allevati in serie da questa società ossessionata dalla competizione; ma anche il resto di noi è infettato da questi stessi criteri – immaginateci come versioni libere dello stesso allevamento. Tutti i nostri giudizi, tutte le nostre concettualizzazioni del mondo si riferiscono ad assoluti e ideali: Sara è bella, ma non quanto Diana, che non è attraente quanto la ragazza sulla copertina della rivista; Jane è brillante, ma non quanto il ragazzo che è stato accettato ad Harvard, che chiaramente non è intelligente quanto Albert Einstein; servire cibo gratis è rivoluzionario, ma non quanto dare fuoco a una stazione di polizia. Siamo veramente pensatori unidimensionali: incapaci di vedere ogni singola qualità o azione per quello che è da sola, ma solo in termini di confronto con altre… l’implicazione è che esiste una scala di valori fondamentale rispetto alla quale tutto può essere confrontato. Questo è un modo di concepire il mondo, sì, ma non l’unico e nemmeno il migliore nella maggior parte delle circostanze.

Questo metodo trasforma tutto in una competizione, per chi non vuole accettare la propria inferiorità; ci fa ignorare il valore e il significato unico di ogni evento ed entità, a favore della ricerca di un posto per loro nel sistema di calibrazione. La verità è che ogni essere umano ha davvero un valore diverso da qualsiasi altro, ogni azione e ogni approccio radicale è importante per la “rivoluzione” in modi insostituibili (la questione principale non è quale mezzo utilizzare, ma come renderli complementari), e abbiamo disperatamente bisogno di modi per esprimerlo a noi stessi. Abbiamo bisogno di un linguaggio con il quale possiamo festeggiare attraverso la descrizione, non il confronto. Senza questo, per quanto sappiamo chiaramente che dovremmo dare valore a ogni piccola cosa per se stessa, siamo intrappolati dai presupposti dei nostri mezzi di espressione:

“Ti amo”, sussurra la ragazza.

“Mi ami più di chiunque altro, più di qualsiasi altra cosa?” chiede il ragazzo.

Ti amo… in modo diverso, per quello che sei. Né più, né meno: non c’è paragone con l’amore, perché l’amore ama tutto ciò che è. L’amore non è giudizio, è senza misura, senza pari…“ risponde lei, ma lui si è già allontanato.

Da dove nasce questa ossessione per gli standard unidimensionali? È nata dal linguaggio stesso: quando una parola serve a rappresentare molte esperienze individuali diverse, l’astrazione è già presente. Quando si dice “luce del sole”, sembra che si stia designando una cosa che esiste nel mondo da qualche parte, mentre in realtà ci si riferisce a una moltitudine di esperienze, tutte diverse ma con alcune somiglianze fondamentali. Ciò che è più prezioso nelle esperienze non sono i minimi comuni denominatori, ma i particolari che si trovano una sola volta nella vita, ma le parole li tralasciano completamente. A cosa serve una parola che si applica solo ad un singolo momento dell’esperienza di un individuo? Non è una moneta che può mantenere il suo valore da un individuo all’altro, e quindi è inutile per la comunicazione. La comunicazione è una parte necessaria dell’essere umano, ma è fondamentale che ognuno di noi ricordi che nessuna parola o concetto potrà mai catturare l’infinita profondità e complessità di un singolo istante della vita.

La nascita della civiltà occidentale, fondata sul pensiero unidimensionale, avvenne nell’antica Grecia, quando Platone fece un ulteriore passo avanti nell’astrazione del linguaggio. Platone dichiarò che le nostre astrazioni si riferivano a un mondo “superiore” di ideali, in cui il “coraggio”, l’“onore” e la “giustizia” esistono nella loro forma pura; così facendo, rovesciò tutto al contrario, ponendo le ampie generalizzazioni davanti alle esperienze da cui sono tratte e sostenendo che sono quelle vaghe generalizzazioni ad esprimere la verità. In questo modo ha tolto completamente dal mondo il punto di riferimento dei nostri concetti, suggerendo che le nostre esperienze reali sono prive di importanza, irrilevanti. Paolo, il fondatore del cristianesimo, estese questa filosofia al mondo della religione: l’“ideale” esisteva in cielo e la terra ne era l’imitazione imperfetta e malvagia.

Le idee e le dottrine da sole non erano sufficienti a piegare l’esperienza umana del mondo al sistema degli assoluti, naturalmente. Contro la saggezza dell’esperienza corporea, in cui si incontrano da vicino le qualità uniche di ogni soggetto ed evento, erano impotenti. Tuttavia, lentamente, divenne possibile imporre la dottrina dell’ideale al mondo della percezione quotidiana.

Iniziò con la fine del sistema del baratto e con la nascita della suddivisione del tempo. Improvvisamente, tutto aveva un valore determinato e stabilito, e la giornata era divisa in segmenti misurati. Il tempo e il valore non possono essere misurati – l’uomo che ha vissuto veramente sa che il cronometro non può catturare il modo in cui il tempo accelera quando è a letto con il suo fidanzato e rallenta quando è “in servizio” al lavoro, sa che le cose migliori e peggiori della vita non possono essere “meritate” o guadagnate, tanto meno valutate – ma i lavori pagati a ore nell’economia del commercio costringevano le persone a misurarli comunque, e l’abitudine si è radicata.

Ben presto tutto fu misurato e calibrato: le taglie dei vestiti delle donne, per esempio. Fino alla fine del XIX secolo, l’abbigliamento femminile era fatto a mano, per ogni singola donna. Una donna era considerata in possesso di qualità personali distinte, non come una “taglia 6” o “plus size”. Una donna era considerata in possesso di qualità personali distinte, non come una “taglia 6” o “plus size”. È molto significativo che negli ultimi decenni l’ideale perfetto di donna sia stato descritto numericamente – “90-60-90” – e che tutto ciò che si discosta da questa forma platonica perfetta sia considerato meno bello. Le donne ora occupano una scala di valori in base al loro peso misurato. Alcune lottano con la bilancia ogni mattina, sperando che il peso sia diminuito e che il loro valore sia aumentato.

I brand sono serviti solo per ridurre la reale complessità del mondo alla vuota semplicità delle astrazioni. Una volta gli esseri umani avevano un giardino; a quei tempi, ogni frutto o verdura era unico e sembrava tale. Ora il nostro cibo è scientificamente progettato per raggiungere la totale uniformità e viene fornito con un marchio che identifica l’assoluto che rappresenta: la marca generica del supermercato è la forma platonica della “banana inferiore”, la banana di marca è l’incarnazione perfetta della banana come astrazione e la banana archetipica dei consumatori ricchi ed eco-elitari è contrassegnata dalla dicitura “biologica”.

Coloro che si oppongono a questi tentativi di piegare il mondo reale alla piattezza del mondo concettuale spesso cadono nelle stesse pratiche. Il mondo della teoria politica è pieno di astrazione e di pensiero unidimensionale. Molti riescono a superare l’infanzia con la capacità di apprezzare i dettagli insostituibili della vita, per poi cadere nella malattia della generalizzazione e dell’idealizzazione quando iniziano a leggere la letteratura teorica e a tentare di elaborare un’“analisi” della vita: le loro impressioni ed emozioni vengono convertite in un’ideologia, e laddove un tempo le loro lotte e i loro obiettivi si riferivano a persone reali, ora vedono quelle persone solo come pedine in una guerra di simboli.

In definitiva, il perseguimento di “ideali” che non possono esistere in questo mondo costituisce un rifiuto di questo mondo, il mondo reale, e quindi della vita stessa – come dimostra il triste destino dei body builder e degli anoressici che lo portano al suo estremo logico, la tomba. Siamo così abituati a denigrare questo mondo, a dire che è un luogo incasinato e imperfetto – e così sembra, rispetto ai nostri standard e ideali “perfetti”, che sembrano così tanto perfetti solo perché non possono esistere. Una risoluzione veramente radicale sarebbe quella di abbracciare l’esistenza così com’è, come l’unica cosa che conta, di proclamare che questo mondo stesso è il paradiso, fatto per il nostro totale godimento e appagamento… e poi, chiedersi: Se è così, come ci comportiamo di conseguenza? Cosa abbiamo fatto di sbagliato in tutto questo tempo?

Così facendo, dovremmo finalmente accettare e abbracciare noi stessi esattamente come siamo, in tutta la nostra diversità e varietà, e liberarci dall’ombra del falso paradiso di Platone e dei pubblicitari, dove si suppone risieda la “vera” bellezza. Liberati completamente dagli standard, dal fantasma persistente del giudizio e della condanna cristiana, potremmo vedere che “ciò che siamo” deve costituire esso stesso la misura e il significato della bellezza, della dignità e della magnificenza, se tali concetti debbono esistere.

Mi tolsi la giacca e la camicia sporche di vernice e mi guardai allo specchio della toilette dell’aereo. Ciò che vidi fu qualcosa che avevo solo intravisto negli occhi dei miei amanti più adoranti: le curve e la consistenza della mia pelle, le cicatrici, i tatuaggi e le linee incise dipingevano un quadro insieme, raccontando una vita di avventure selvagge e di estremi inimmaginabili, una storia più toccante ed emozionante di qualsiasi altra. Ero bella, la bellezza stessa si era incarnata in me, come contenitore di un mondo di lotte, desideri e trionfi più grandi di qualsiasi cosa potesse stare in un libro. È stato un momento di accecante luminosità, ma io mi ci sono adagiata comodamente, fiduciosa, come se avessi saputo, attraverso tutto lo squallore e la disperazione, che ero stata semplicemente preparata per questo. E, per una volta, sentivo di poter vivere una vita da eroe e di poter morire da guerriero.

Solo ora posso riconoscere la tua bellezza e non negare nulla della mia.