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LA CACCIA ALLE STREGHE

Riceviamo e condividiamo un pensiero di un compagno in merito agli “spazi safe” all’interno di alcune realtà.


LA CACCIA ALLE STREGHE

Ultimamente sembra essere sempre più urgente (ri)discutere e (ri)creare “spazi sicuri” all’interno di  realtà, che, per antonomasia, dovrebbero essere dimensioni dove poter esprimere sé stessi in totale libertà. 

Mi riferisco nello specifico a contesti dove nel corso della storia si è potuto sperimentare l’autogestione degli spazi, occupandoli, o in forma estemporanea o per un tempo non determinato, e delineare modalità di autodeterminazione dell’individuo, grazie all’ampio respiro di una sottocultura non omologante. 

È necessario sottolineare l’importanza di questi due termini AUTOGESTIONE ed AUTODETERMINAZIONE.
Proprio da codesti infatti bisognerebbe iniziare (o preferiamo dire far re-iniziare/iniziare nuovamente?) la nostra riflessione.

Il primo termine conferisce una facoltà personale e una responsabilità diretta. Posso decidere come, quando, dove e con chi ricreare e sviluppare il mio tempo vivo, avendo cura di rispettare chi con me vi partecipa ed il luogo che mi accoglie. 
Il secondo termine, strettamente connesso con il primo, si realizza quando un soggetto si determina da sé, in quanto è proprio da sé stesso che scaturisce il suo volere e, di conseguenza, il suo agire, del quale è unico responsabile.

In ogni caso, ipocrita sarebbe non riconoscere che episodi spiacevoli di varia natura e gravità sono sempre accaduti. Sempre. Come, tendenzialmente sempre, c’è stata attenzione e cura nell’arginare tali episodi negativi. 
Una volta per tutte dobbiamo accettare gli effetti che la liberazione della mente e del corpo può produrre. Faccio quello che posso, dono ciò che ho la facoltà di donare. In uno stato di liberazione, riprodotto in un contesto altrettanto libero, come può essere ad esempio un concerto punk, non tutti saranno inclini alla violenza come non tutti potranno non essere portati spontaneamente alla socializzazione. 

Torniamo un po’ a considerarci individualità uniche, dirette responsabili delle nostre azioni. La percezione è che pian piano stiamo battendo strade con modalità che prima disdegnavamo: quella morbosamente politica ad esempio. 
Sento da lontano la puzza di coloro per i quali l’impegno politico passa in secondo piano, poichè a questo soprassiede “l’essere politicamente corretto”.

Ed ecco a voi il dogma. 

L’attivista che si batte a tutti i costi per i diritti delle minoranze dalla sua posizione “occidentalmente” privilegiata, che alle suddette raramente appartiene, e lotta per queste senza nemmeno sapere cosa voglia dire farne realmente parte e affrontare tutti i problemi che società e quotidianità loro presenta. 
L’attivista che propone ricette universali ignorando l’eziologia dei casi che tratta, volendo però a tutti i costi rappresentarli e rappresentarsi come loro streguo difensore e messia.
L’attivista ipersensibile alle terminologie, di cui la connotazione negativa è stata coniata dagli attivisti stessi di cui fa parte e orgogliosamente si circonda, senza mai porli in discussione. 

Una percezione negativa allora a me resta, e percezione nemmeno tale si può considerare, poiché io posso già definirla becera realtà.
Una nuova morale che discende dal basso, composta da banchi di nebbia che ridefiniscono i banchi di scuola, tramutandoli in banchi da chiesa.
Una nuova morale ben più nociva di quella borghese. 

Altro che “liberi e selvaggi!”.
Altro che “liberi di vivere, liberi di morire!”

Ritorna così la caccia alle streghe, una santa inquisizione fondata sulla delazione e sulla presunzione di colpevolezza.
Collettivi giudicanti che condannano e che elargiscono insegnamenti e, come se non bastasse, da veri tribunali tracciano i loro sentieri di rieducazione.
Invasati, fissati, puristi, il peggior sviluppo del comunismo sovietico all’italiana. 

Non mi servono corsi di autocoscienza maschile, né inutili programmazioni inerenti le strategie di sicurezza fondate su metodi che scimmiottano quelli polizieschi ( pregiudizi, preconcetti ecc.). 
O si è liberi, nel senso del liberarsi, del disfarsi da preconcetti dall’alto o dal basso imposti, o si è altro. 
Per cortesia, smettetela di masticare concetti e modi di fare che non vi appartengono. 
Smettetela di coprire la vostra frustrazione, l’odio per chi è, da voi stessi definito, più forte, le vostre sconfitte e debolezze sotto ad una o l’altra bandiera ideologica portata avanti da/in un gruppo. 

Liberatevi in nome di qualsivoglia vostro dio!
O per lo meno provateci.

Un anarchico.