CAR* AMIC*, IO SCRIVO
“Guarda come quel giudice
inveisce contro quel povero ladro;
presta l’orecchio,
scambiali di posto e…oplà
chi è il giudice, chi è il ladro?”
(W. Shakespeare)
La prosa poetica è come la fottutissima medaglia.
Ha sempre due facce.
Ci sto riflettendo proprio in questo momento, io, una persona per molti, una conoscente per troppi, una compagna per pochi.
Una persona che dopo anni ha lasciato perdere la scrittura a causa di giudizi autoproclamatisi superiori, se non detentori della sacra verità.
Sentenze così caustiche che, con o senza colpo, ferirono.
Perchè scrivere è un conto, ma le abilità poetiche destano meraviglia, invidia e spirito acritico in egual misura.
Proprio per questo, per la prima volta, inizio uno scritto come un mero testo: senza alcun virtuosismo poetico, senza alcuna figura retorica, senza alcun gioco di radici o danze di desinenze.
TEMPI ODIERNI
In una realtà come quella odierna, scrivere ha poca importanza.
In una società come quella attuale ciò che conta è l’immagine proiettata di sé stessi, artificialmente e artificiosamente costruita su qualsivoglia social network sapientemente messo a disposizione dal capitalismo.
Molto rari sono coloro che ancora scrivono, poiché la maggioranza passa il tempo a condividere immagini o citazioni altrui, se non addirittura il mix di entrambi, il più delle volte senza conoscere né il pensiero né la vita delle persone di cui riportano le parole. Meri santini presentati come lasciapassare per l’accettazione generale nella speranza di udire il tanto atteso applauso del proprio personale pubblico.
Citare pensatori, condividere foto di rivolte o slogan vari definisce la persona che gli altri dovrebbero credere tu sia.
L’insidioso gioco degli stereotipi.
L’insostenibile brama delle altrui opinioni.
Il risultato si palesa nella conformazione delle esternazioni, preconfezionate e inscatolate in pochi triti e ritriti filoni esistenti, socialmente e civilmente accettati. Non li chiamo nemmeno pensieri poiché codesti li reputo soggettivi, liberamente scaturiti, privi di costrizioni o moltitudinari adeguamenti.
Quando uno di quei pochi naufraghi rimasti, praticante l’arte della scrittura, la utilizza per esternare il suo indipendente e non conforme pensiero, viene irrimediabilmente attaccato da qualsivoglia fronte: da chi é dall’altra parte della barricata, da chi la brucerebbe direttamente fino a coloro che professano e millantano di condividere lo stesso lato della medesima, se non di essere direttamente adagiati sopra di essa.
Si sa l’ego non ha confini.
Brandendo le sacrosante armi del conformista general pensiero, forgiato nel qualunquismo pacificamente introiettato, tutti dispensano verità e, autoelettisi giudici degli altrui pensieri, scagliano le proprie condanne.
Il confronto non viene più ricercato, l’arroganza dell’ignoranza lo ha spodestato, mentre tutt’intorno si iniziano a riprodurre irrimediabilmente copiose tasche stracolme di verità.
Questo accade perché il pensiero libero spaventa?
Può essere.
Oppure, semplicemente, ne è motivo basilare l’avere tra amici o conoscenti qualcuno che non si conforma al diktat militantemente imposto, qualcuno che fa sfigurare, che con i suoi biechi pensieri mina l’equilibrio del proprio presente possibile o del futuro marketing della propria impeccabile immagine.
LA PENNA DEL PECCATO
Una compagna esterna il suo pensiero in merito a una decreto recentemente approvato.
Non entro nel merito del suddetto, altrimenti tutte le parole che scrivo verrebbero filtrate e manipolate a uso e piacimento della cosiddetta correttezza, legittimità o necessità del decreto in questione.
Il senso di questo scritto verrebbe così annacquato e diluito a uso e consumo di coloro preoccupati più del comprovare la mia posizione in merito che dal carpire i fatti che andrò qui a descrivervi.
É fatto noto e assodato che quando si esprime un pensiero contrario a quello/i nella massa imperante/i, si viene attaccati a priori.
In troppi non si concedono il tempo necessario per leggere bene i concetti che vengono espressi, l’importante è segnare subito la linea di demarcazione aldilà della quale situare chi non si allinea, ma soprattutto al di qua della quale autocollocarsi per sottolineare la propria presa di posizione, l’unica veramente corretta e degna di menzione.
Proprio per questo non reputo importante l’argomento in sé, ma tutto il popolar tribunale che si scatena contro quei pochi che hanno ancora il coraggio di esprimersi liberamente.
Premetto che, il mio primo approccio con le parole scritte dalla compagna in merito alla nuova legge (una ventina di righe) é stato ostico: ho dovuto prendermi dieci minuti abbondanti per comprendere la sua analisi e la seguente opinione.
Ci tengo a sottolineare questa circostanza, poiché il registro lessicale da lei utilizzato é quello appartenente al mondo legislativo, un dedalo di terminologie alle quali io risulto essere parzialmente impermeabile, e che ritengo in molti facciano fatica a comprendere solamente con una prima lettura.
Proprio per questo, a mio modesto parere, non riesco a capacitarmi del come i primi attacchi possano esserle piovuti addosso quasi nell’immediato. Giudizi che, a meno che chi li esterna non abbia a un’infarinatura/formazione giuridica, a differenza di colei che invece li ha scritti, necessiterebbe sicuramente di almeno qualche buon minuto per comprendere quanto scritto e per esporre in seguito i suoi pareri al riguardo.
Tuttavia ciò non è accaduto.
Nel medesimo istante in cui io dedicavo il tempo necessario alla comprensione del testo, la gogna pubblica aveva già aperto i battenti e le risposte fioccavano.
Le prime parole che le vengono rivolte mi sono rimaste impresse. Sono due la cui somma da un insulto. Non aspettatevi la canonica offesa, io la reputo tale poiché additare l’autrice come una pazza, considerando il mondo di cui fa parte che fa dell’antipsichiatria una battaglia, si può considerare solamente un’offesa.
Non solo, la interpreto come un primo giudizio negativo che, nella sua fattispecie, dichiara intrinsecamente di non voler argomentare il testo, ma semplicemente professare il proprio sgomento di fronte a cotanto sfrontato ardire.
Non solo, mi chiedo come si possa reagire con poche parole pesanti a un testo di tale portata.
La richiesta di spiegazioni da parte dell’autrice dello scritto non si fa attendere e di conseguenza la risposta giunge solerte.
Così l’inaugurazione della gogna é compiuta.
Mi chiedo: nel caso la mia compagna non avesse richiesto spiegazioni, la persona in merito le avrebbe date?
Non saprei.
Posso però considerare questo modus operandi come ricorrente nella quotidianità: insultare sperando che il destinatario chieda spiegazioni.
Non era più semplice esternare direttamente la condanna?
Purtroppo questo discorso non sussiste, poiché l’importante non é dialogare, confrontarsi, ma attaccare, senza necessità di argomentare il proprio parere.
Perché con i disertori di questo mondo si passa direttamente agli insulti, alle distanze, all’esilio dalla propria sfera personale.
Come si fa a non partecipare al giubilo generale per dei nuovi giocattoli repressivi che il potere non solo ha spacciato, ma vi ha anche convinto che li aveste conquistati con le vostre lotte?
Io, ragazze, quasi ci speravo che prendesse fuoco tutto.
STATISTICA MON AMOUR
Ora passiamo ai numeri, argomento a me molto caro, per due semplici motivi: il primo è la matematica, il mio gioco d’infanzia preferito, che mi ha tenuto compagnia per decenni in molti momenti di solitudine. Adoro qualsiasi campo, ogni materia che preveda o comprenda l’utilizzo delle cifre, ed ecco qui servito il secondo motivo: il mio tormentato amore con la statistica, rapporto travagliato che perdura ormai da 20 anni.
Alla luce di questo, sarà per tutta la fatica che ho fatto a comprendere questo insidioso e rigido studio qualitativo/quantitativo, che non sopporto chi, sputando su ricerche di anni, che richiedono sudore e sacrifici, regole, formule e teoremi stabiliti, nonché tendenzialmente uno stipendio non rigoglioso, gioca con le statistiche piegandole a proprio uso e consumo, traviandole fino a rileggerle volutamente in maniera fuorviante.
Alla pari non tollero chi non interroga i numeri e si butta giù qualsivoglia cifra gli viene propugnata, senza alcun controllo delle fonti o men che meno applicare una qualsivoglia verifica critica.
Non serve aver conoscenze in materia statistica per capire che la frase “la media di uno al giorno” non significa “uno al giorno”.
La media annua è per definizione un singolo valore numerico che descrive un insieme di dati. Le informazione in termini quotidiani che si possono estrapolare sono degli indici che poi vanno interpretati in base a delle scale di valore, non alle 24 ore.
Altro aspetto fondamentale: chi lancia le statistiche attraverso media e carta straccia come fossero degli anatemi, il più delle volte, arrotonda per eccesso, minando così il significato del dato stesso.
Traduzione: se io bevo 300 litri di acqua in un anno, la media giornaliera è di 0,8, arrotondata per eccesso, ne risulta 1 litro. Questo non implica che ogni giorno io bevo un litro di acqua, poiché ci sono giorni che posso bere di meno come altri in cui posso dissetarmi di più. Ricercare la costanza in una media non ha alcun significato.
Concludendo questa breve parentesi, ci tengo a sottolineare che l’usare i numeri per aggravare dei dati, fare leva sull’emozioni, o voler vincere in quanto aver ragione è più importante del comprendere i differenti punti di vista, lo reputo becero, oltre che mistificatore.
Non c’è peggior sordo di chi esige la ragione.
E GIUNSERO I PRONOMI PERSONALI
Entriamo allora nel vivo delle accuse fatte alla mia compagna, rea di voler difendere rei e, per quanto la si possa odiare, lei sì, considera tutti uguali quelli che la legge cataloga e categorizza.
Il suo testo si articola in una sua breve analisi giuridica che la porta a esprimere la contrarietà al suddetto decreto, il quale crea ulteriore divisione, confusione, all’interno di una fattispecie già regolamentata.
Oltre a ciò crea un’altra frattura poiché, nell’ambito citato, le vittime dovrebbero essere trattate tutte ugualmente proprio perché persone, possessori di una vita propria e di un proprio diritto.
Invece questo decreto porta a “santificare una lato” per chiudere tutti gli occhi sul rovescio della medaglia. Concima tutta quella serie di nuovi appellativi, desinenze e ampliamenti di significato che intrappolano qualsivoglia analisi del reale, e creando emergenze e allarmismi fasulli, quando non addirittura false narrazioni, distolgono da quelle che sono le reali problematiche repressive che ogni giorno questo sistema pone in essere nella nostra vita.
Conclude ponendo l’accento sul ruolo lavorativo che svolge donando una delle più belle descrizioni che ho sentito in merito alla sua mise lavorativa, mise che ha scelto nel nome del supporto alle persone necessitanti difesa. E non credo sia una strada che in molti imboccherebbero, e tra questi mi ci inserisco pure io.
Credo ci voglia più cuore che mente e memoria per svolgere quel ruolo nel modo in cui lo fa lei. E di persone solidali dotate di cuore non ne sono rimaste molte.
Bene.
Anzi no, per niente dato che i primi anatemi che si sente scagliare addosso sono assolutamente fuori tema e la attaccano personalmente, soprattutto per aver menzionato il suo ruolo lavorativo.
Nessuno si sofferma tra le sue parole, provando a capire che partono come una critica a finiscono inneggiando alla solidarietà e all’unirsi insieme per combattere.
No.
Perchè la mia compagna ha toccato uno dei massimi sistemi, il fior fior dei filoni di protesta da piazza, ma sicuramente più da tastiera, talk show e cartastraccia che sta imperversando negli ultimi anni.
Per questo viene assediata, senza nemmeno la decenza di provare ad argomentare le sue parole.
Non mi stupisce, e perchè dovrebbe, non si riesce mai ad dare risposta al microcontesto, meglio accedere al macro, un ricco archivio di slogan e argomentazioni fittizie, ridondanti fondate e costruite ad hoc.
Perchè parlare direttamente con lei, far fiorire un dibattito quando si può lanciarle addosso la sua inadeguatezza a suon di plurali marcianti e marciti nella storia?
Si parla al plurale.
Si diventa noi, con una mano ci si asciuga le lacrime del vittimismo e con l’altra si percuote il martello sul tribunale della storia appositamente creata.
Argomentare individualmente è assai difficile d’altronde, quando si marcia nelle righe della narrazione pilotata, svuotata di ogni senso logico, critico e analitico, ma farcita di parole sferzanti dall’alto valore emotivo.
Non ti curar di loro, ma insulta e passa.
IL DISCRETO FASCINO DELLA STIGMATIZZAZIONE
Se il Noi sfoderato contro il Tu, come se all’accusata di “sentenza senza possibilità d’appello” (cit.) dovesse dispiacere il secondo pronome singolare davanti allo scudo del primo plurale non fosse abbastanza, allora arriva celere la richiesta dei conti all’interno degli schieramenti, come insegna da anni la Digos nelle piazze.
“In quanti la pensano come te?”.
Senza parole.
Questo dovrebbe sottendere che, se un’opinione è avvallata da più persone allora è veritiera? Degna di nota?
Dovrebbe bastare l’individualità che la esprime, ma, se davanti a una certa complessità di esposizione non si hanno argomenti con cui ribattere è così che si reagisce da anni.
Si punta a isolare la persona, a farla sentire differente.
Mi intristisce il vedere come certi argomenti scombinano così tanto i fittizi equilibri altrui da dover sfoderare le peggiori tecniche attuate in età scolare.
Qualcuno diceva che quando tutti hanno lo stesso pensiero probabilmente nessuno pensa veramente.
Che intenditore.
Devo dire che è decisamente difficile proseguire ad argomentare quello che ho letto in questi giorni, a partire dagli insulti, quelli sì pesanti, e tutto per cosa?
Per difendere un ipotetico Noi, gruppo vessato, abusato, sottomesso ecc. ecc, da loro che non muoiono mai, che non soffrono, che possono tutto e giù fiumi di frasi distopiche, abomini, assurdità e aforismi che nemmeno sulla Smemoranda 2000.
E in tutto questo mi chiedo perchè?
Perchè una compagna scrive quello che pensa e viene messa al rogo immediatamente?
Perchè viene tacciata di dispotismo, qualunquismo, frazionismo, autoritarismo e insultata per ciò che pensa?
Perchè viene sminuita nel suo essere e attaccata anche su altri fronti che non hanno nulla a che fare con l’argomento in sé?
Perchè questo è l’obbiettivo e il risultato del capitalismo.
Un sistema che ha rinunciato oramai alla propaganda contro chi dissente, collaborando/arruolando i reazioni per reprime coloro che non si allineano.
Perchè il capitalismo si adegua, muta e si assesta ai cambiamenti del mondo in perenne divenire: di conseguenza adegua anche il suo monopolio sulle nostre esistenze.
I brandelli dei movimenti degli anni 2000 continuavano e continuano anche al giorno d’oggi a usare le stesse pratiche a riproporre lo stesso teatrino, applicandole in un mondo completamente differente, non altro, ma sicuramente possibile.
Non mi addentro nello scandagliare le motivazioni e i benedetti altarini che ci sono alle spalle di codeste scelte, servirebbero troppe pagine e troppo fegato che non ho, me lo sono mangiato proprio in quegli anni.
Negli ultimi decenni il capitalismo, ha capito che la propaganda si poteva rottamare, tutte le fatiche fatte in passato per mantenersi al comando potevano essere seppellite.
È un’idra che ingerisce e digerisce tutte le nostre vite incatenandole grazie al controllo sociale sempre più serrato, forte della sua ultima metamorfosi.
Perchè sprecare tante energie quando, grazie al monopolio dei media e alla sterilità delle opposizioni, può direttamente indicare in filodiffusione a reti unificate le grandi tematiche da affrontare e contro cui scagliarsi?
Dalle armi di distruzione di massa siamo passati alle armi di distrazione delle masse.
Così, mentre tutte sono antagonisticamente in piazza a scandire i loro cori, far prendere aria agli striscioni di turno o a lapidare qualche libero pensatore con la tastiera, il capitalismo continua a perpetrare le sue stragi e atrocità in altre parti del mondo. Lontano dai riflettori.
C’è sia il trucco che l’inganno lorsignori, perchè anche il capitalismo ha il suo slogan sapete:
“Se non puoi convincerli, confondili!”
Sempre che voi non siate anarchici.
Per noi nulla è cambiato, sempre celle, pene esemplari, ergastoli ostativi, latitanza e chi più ne ha più ne metta.
Noi, l’eccezione che odia la regola.
Ora capite perchè la mia compagna è stata immolata sull’altare dei beni e dei corpi comuni?
Il suo pensiero discordante non fa di lei una persona, ma un nemico; e non ci sono amicizie che reggono, passati che legano, vissuti comuni che resistono, viene spersonificata, mandata al confino con una bella A cerchiata appesa sul cuore.
La sua opinione al di fuori delle righe la rende un essere senziente, in grado di attaccare quella realtà costruita su misura che dona la parvenza di contestare il sistema senza nulla cambiare. Quel comodo villaggio militante dove sbandierare a tutti quanto lotti con gli stessi strumenti che il capitalismo stesso ha costruito per te, per contribuire ancora di più al suo dilagante annidamento.
Svelato l’arcano.
Concludo dando piena solidarietà a lei (che la rispedirà al mittente con allegato un affettuoso insulto) e a tutti coloro che continuano imperterriti a camminare lungo quei bui sentieri e, soprattutto, a rialzarsi.
Sempre.
È sufficientemente noto che non esistono amici sinceri, sinceri sono solo i nemici.
Fronde Noire