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NICK DI REFUSE RESIST INTERVISTA IL COLLETTIVO BLACKWAVE a.k.a. NOI!

Refuse Resist, storica zine, pezzo di vita e dei nostri cuori, ha deciso (dobbiamo ancora capire bene il qualsivoglia motivo) di intervistarci.
Ecco, ora non abbiamo più nulla da nascondervi.

Leggete e sappiate anche voi non chi siamo ma che facciamo.

In fondo all’articolo trovate il numero il Numero 17 di Refuse Resist


Tanto su Refuse Resist, quanto personalmente, amo dare voce a più menti e lotte possibili, specie qualora esistano contenuti e contrasti di spessore da portare all’attenzione dei compagn*. La nostra, in fonda, è un crogiuolo eterogeneo di controculture urbane, strettamente legato all’antagonismo attivista stesso. Questa volta, dunque, invece che una band o un artista, vi presento qualcosa di diverso: un’intervista a un intero col-

lettivo, impegnato politicamente su vari fronti, come potrete verificare dalle loro parole. Si raccontano a voi, in questo numero, i BlackWave Collective!

Nick: Ma bella lì ragazzi, felice di darvi voce su queste pagine! Senza perderci troppo in chiacchiere, presentatevi dunque: che cosa è BlackWave Collective? Come siete nati, quali sono i vostri obiettivi, qual è stata la vostra storia?

BlackWave Collective: 

Ciao Nick, intanto siamo noi che vi ringraziamo per averci dato voce in questa Zine che per noi è leggenda.

Detto questo, cominciamo.

Cos’è il Collettivo BlackWave? Siamo un collettivo anarchico di compagni che si sono ritrovati dopo anni di lotte in scenari differenti. Possiamo dire che, bene o male, tutti abbiamo iniziato ad approcciarci alla politica all’inizio degli anni 2000, ma ognuno di noi proviene da realtà diverse.

Scusaci se ridiamo alla domanda “quando è nato il collettivo”, ma, a dirla tutta non abbiamo ancora i denti da latte: a dirti la verità non sappiamo nemmeno quando “ci siamo creati”, forse un anno fa, ma non ne siamo sicuri. Anzi, a pensarci bene, forse abbiamo deciso di creare concretamente il collettivo dopo quella balla fotonica con te al Padova HC del 2023. Pensa che responsabilità che hai sulla groppa.

Siamo nati nel modo migliore in cui crediamo saremo potuti nascere: un gruppo di amici che si conoscono da 20 anni, ognuno con un passato politico differente. Amici che sovente si trovavano anche nelle stesse piazze, ma dentro gruppi diversi, gruppi che grazie alla logica del “buono” e del “cattivo”, del violento e del pacifico erano politicamente agli antipodi magari. Tu che hai vissuto gli ultimi 20 anni di lotte sai di cosa stiamo parlando. 

Però vedi, la nostra ricchezza è questa: nulla di tutto ciò ha mai minato o incrinato i nostri rapporti. Non ci siamo mai fatti intaccare ed inquinare da certe visioni imposte, da becere riletture, ignobili revisionismi e inconcepibili differenziazioni. Ognuno è sempre rimasto autonomo nel suo pensiero, ingovernabile, per cui scomodo.

Tutto è successo una sera, per caso. Ci siamo ritrovati per bere qualcosa e parlare dei nostri vissuti, e siamo finiti con l’aprire ognuno il proprio vaso di Pandora, distruggendo altarini, soffocando lacrime, bestemmiando qualsivoglia divinità, ingollando ettolitri di spritz e scrivendo enciclopedie di ricordi per capire il marcio che ognuno a modo suo aveva attraversato. In verità la cosa più importante è stata soprattutto ritrovarsi a gioire per quello che invece avevamo scoperto, quello che è il nostro pregio: la nostra diversità. Riconoscendola, dandoci voce e man forte tra di noi, senza finire a giudicarci l’un l’altro, a impartirci verità e lezioni, a o a rinchiuderci dentro stigmi. Liberi di essere noi stessi.

Tuttavia, abbiamo realizzato anche un aspetto comune. Siamo tutti legati dallo stesso pensiero di fondo, il pensiero anarchico. Chi dagli albori, chi se n’è innamorato dopo, chi non lo aveva mai realizzato, ma tutti smossi da quella che consideriamo non una, ma LA ragione di vita.

Gruppo di affinità. Crediamo non ci sia modo migliore per definirci.

 

Nick: Principali battaglie, focus di interesse, prese di posizione del collettivo. Espandete più che potete il messaggio che volete che il vostro nome volete che porti agli altri. Trovate poi difficoltà nella comunicazione di tale corrente?

BlackWave Collective: 

Essendo allergici agli elenchi e alle risposte schematiche, ti rispondiamo raccontandoti come abbiamo iniziato. Alcuni di noi fanno parte della scena HC, per cui le prime iniziative che abbiamo fatto sono stati dei benefit. Il primo risale all’anno scorso, ed era per Casper il Pirata, inguaiato per quello che noi consideriamo essere stato un capolavoro: il No-Expo del 1 Maggio 2015 di Milano. Il nostro primo passo fu per quel pazzo pezzo de core che dalla consolle aizza i folli. 

Il secondo benefit fu per per Vince, mentre si decideva della sua estradizione dalla Francia per i fatti del G8 di Genova. 

Iniziammo così. Successivamente, dato che nel collettivo ci sono anche compagni appassionati di fotografia, abbiamo pensato di metterci a disposizione come fotografi per concerti HC o benefit. Scopo era sostenere i compagni che organizzavano, così da poter diventare la fonte “sicura” di diffusione, ed evitare l’uso di telefoni personali e quant’altro. Ben sappiamo quanto possa essere pericolosa l’iper-rapresentazione alla mercé dei social e, di conseguenza, della repressione. Dai Nick, in ogni caso, chi meglio di te lo sa? Al Padova HC l’anno scorso, prima di perdere la dignità in nome del frizzantino, ti abbiamo informato gentilmente che ci eravamo auto-eletti fotografi della giornata. Ce la siamo cavata bene dai, meglio di te di sicuro!

Oltre a tutto questo c’è da dire un’ altra cosa: abbiamo la fortuna di avere compagni che sanno più lingue, encomiabili personaggi che sanno il tedesco e l’inglese a livello madrelingua, altri ferrati in francese. Così abbiamo iniziato a occuparci di traduzioni.

Abbiamo iniziato con Crimethinc., con cui continuiamo a collaborare occupandoci non solo degli articoli ma anche degli opuscoli.

In seguito siamo entrati in contatto con il No Borders Team in Polonia, per il quale traduciamo tutti i post e gli aggiornamenti in italiano, tedesco e francese.

Con i compagni di Brughiere abbiamo collaborato alla traduzione inglese dello scritto “Frontiere, militari, sbirri e CPR: una nuova accelerata del razzismo in Italia”, proponendolo anche a Crimethinc., che ci deve far sapere al riguardo.

Stiamo traducendo i sottotitoli in francese e tedesco del documentario “In Campo Nemico – Storia di SupportoLegale”, quegli angeli che seguirono i 10 compagni condannati a 100 anni di carcere dopo il G8 di Genova. 

Altri si stanno occupando della traduzione inglese di “Resistere al Confine”, la storia dei compagni che lottano con i migranti al confine di Ventimiglia dal 2015 ad oggi. Aggiornamento odierno: a fine mese dovrebbe essere disponibile.

Collaboriamo anche con un collettivo di Hactivist tedesco che si occupa di critica della tecnologia e del controllo attraverso essa.

Diciamo che l’ambito linguistico ci interessa molto, d’altronde se ci pensi, la lingua può essere una barriera che, come tutti i confini, va abbattuta. Traducendo permettiamo alle parole di diversi collettivi di diffondersi  e arrivare a più persone possibili.

Anzi Nick, facciamo un appello e ti chiediamo di far girare la voce tra tutte le realtà che conosci: chiunque necessiti di traduzioni, che siano per comunicati, articoli, opuscoli o libri ci contatti. Lasciamo la nostra mail: blackwave@canaglie.org . Scriveteci, più che volentieri!

Questo altro progetto, invece, te lo spieghiamo sottovoce: sia mai che arrivi la notizia alle orecchie del fato e ci mandi tutto all’aria. Ci sono compagni che scrivono testi i quali spaziano dalla poesia politica, se così si può chiamare (mi staranno odiando in questo momento per questa definizione), fino ad arrivare a trattati e analisi su argomenti propri del nostro universo. Per questo, stiamo avviando un progetto per pubblicare un libretto con i nostri testi in collaborazione con una cassa antirepressione. Questo per contribuire alla raccolta fondi per i compagni in carcere. Speriamo proprio in nome loro che vada a buon fine. Il nostro inchiostro per donargli supporto e uno sprazzo di gioia dentro quelle celle.

Altro ambito in cui siamo attivi è il supporto ai migranti. Ci sono dei compagni che curano uno sportello di sostegno burocratico che va dalla documentazione, dalle pratiche più semplici (per noi), come la richiesta di assegni familiari o della disoccupazione, fino ad arrivare alle domande per i flussi di ingresso.

In questo campo però non ci occupiamo  solo di questo. In generale possiamo dire che cerchiamo di aiutare ad affrontare ogni problematica che si palesi lungo il cammino dei migranti: la lingua e la burocrazia non sono i soli problemi. Non è facile sopravvivere e lottare per la propria esistenza in un luogo ostico che, coloro che sono fuggiti dal loro paese, si trovano costretti ad attraversare, aggiungendo le scarse possibilità di successo e le alte probabilità di finire in un lager detto CPR. Trovarsi soli in uno stato straniero, dove il pensiero imperante tra gli autoctoni è di rifiuto, disumanizzazione e demonizzazione non è per niente semplice, anzi equivale all’ essere in trincea tutti i giorni.

Per finire, abbiamo da poco iniziato a collaborare nelle nostre sperdute lande con dei ragazzi appassionati di arte, musica e cultura che hanno aperto uno spazio artistico multifunzionale, con l’obiettivo che diventi un riferimento culturale e di aggregazione. Loro si occupano di spettacoli teatrali, cineforum, presentazione di libri e concerti. Grazie a questa cooperazione nei prossimi due mesi abbiamo in programma tre benefit HC per i nostri compagni imputati per i fatti del Brennero 2016.

Dulcis in fundo, queste sono i temi e le lotte di cui occupiamo, attualmente.

Per quanto riguarda le difficoltà di comunicazione, a essere sinceri, attualmente non ne abbiamo incontrate. Non ci possiamo lamentare. C’è da dire che, data la nostra storia, nonché la fortuna che si fa gli affaracci suoi più che volentieri, non abbiamo dubbi che si presenteranno in futuro. Alla fine siamo anarchici… quando mai abbiamo avuto vita facile?

 

Nick: Attività comuni del collettivo: cosa, quando, come? Quali sono i vostri canali di comunicazioni, quali linee per mostrare i vostri comunicati e le vostre immagini, le vostre fotografie, le vostre storie, trovate più funzionali? Si sono evolute nel tempo? Raccontateci dell’attività più quotidiana del vostro mondo.

BlackWave Collective: 

Per quanto riguarda le attività pensiamo di averne già parlato esaurientemente prima. Una precisazione ovviamente però è dovuta: attualmente ci occupiamo di quanto sopra descritto, ma siamo in perenne evoluzione. Collaborando con vari collettivi la rete che si va pian piano a costruire, sbocciata da solidarietà  e cooperazione, porta sempre allo spalancarsi di nuove porte e nuovi terreni di lotta. E, ad essere sinceri, non vediamo l’ora.

Parliamo dei canali di comunicazione e diffusione.

Il Collettivo BlackWave ha fatto il suo ingresso trionfale umilmente nella rete, quasi in sordina potremo dire. La creazione della nostra mail risale all’inizio dell’anno scorso se non addirittura alla fine del 2022. Dovresti esserne felice Nick, ti abbiamo appena sollevato dalla responsabilità della nostra nascita! 

Ma proseguiamo, sennò parliamo sempre di te.

Grazie a quella casella mail abbiamo pensato di provare a contattare i blog di alcuni compagni per chiedere di condividere i nostri scritti. Il primo con cui siamo entrati in contatto è quello di Sara. Le scriviamo, e Sara pubblica le nostre parole. Senza nulla sapere di noi. Sara è la prima con cui iniziamo a rapportarci. Sara diventa un’amica, una sorella, una nostra affine. Senza Sara probabilmente non saremo al punto in cui siamo arrivati ora. 

Da lì prendiamo coraggio, e decidiamo di inviare alcuni nostri scritti a blog di varie realtà e, anche loro cominciano a pubblicarli. Ed è così che realizziamo che sì, forse qualcosa da dire lo abbiamo:  dispieghiamo le vele e salpiamo!

Da quella casella di posta abbiamo contattato i primi compagni con cui abbiamo collaborato per le traduzioni. Funzionava più o meno in questo modo: da bravi smanettoni quali siamo, ogni volta che cercando in rete trovavamo qualsivoglia articolo/comunicato/scritto/opuscolo che ci catturava, contattavamo gli autori e ci proponevamo come traduttori. La più grande soddisfazione è stata ricevere sempre risposte positive, ma sicuramente impagabile è stato il creare collaborazioni che ancora oggi persistono. Costruire amicizie che ancora oggi ci accompagnano.

Onestamente non abbiamo pensato subito a una pagina Facebook o a un blog del collettivo. Ci riflettiamo forse ora per la prima volta, pensa che onore Nick, partecipi alla nostra autocritica introspezione!

Probabilmente pensavamo non di non averne bisogno, ma di non essere effettivamente così “bravi”, passami il termine, da avere un blog. Forse ci siamo sottovalutati.. pensa che mentre ti raccontavamo le nostre lotte/attività siamo rimasti stupiti noi stessi da quel che siamo riusciti a fare in così poco tempo. Ridi pure, fai bene, alla fine siamo incommentabili!

A Settembre dell’anno scorso abbiamo aperto la nostra pagina su Facebook “The BlackWave Collective”. Diciamo non proprio felicemente, d’altronde critichiamo aspramente i social network, però resta comunque un mezzo di informazione, usato col contagocce. In ogni caso, per noi l’importante era che le nostre parole arrivassero a più persone possibili. Non è proprio una scusa degna, ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Tanto, in barba ai peccati saremo noi a lanciarla… ci piace troppo farlo sai?

In ogni caso, per mondarci la coscienza, dopo due mesi abbiamo aperto il nostro blog blackwave.noblogs.org,  dove condividiamo comunicati, appelli, scritti e tutte le traduzioni. C’è anche una piccola sezione delle foto da noi fatte, e una per il download gratuito di opuscoli e zines (in aggiornamento continuo).

Insomma eccoci qui. Questa è stata la nostra evoluzione. 

La nostra quotidianità? Portare avanti le nostre lotte (si non siamo in tantissimi, anche se facciamo per 100). Le nostre giornate trascorrono cercando di riuscire a fare tutto quello che ti abbiamo appena raccontato, senza lasciare indietro nulla, ma, soprattutto, senza lasciare indietro nessuno. Come sempre abbiamo fatto e come sempre faremo.

 

Nick: Qual è il vostro punto di vista sulla situazione politica attuale, e sull’impatto che ha sulle nostre scene nel piccolo? Quali sono le evoluzioni che avete visto durante questi anni? Cosa è mutato in meglio e cosa in peggio? Avete “rimpianti” di qualcosa perso nel passato? E cosa invece è maturato o migliorato per il meglio?

BlackWave Collective: 

Nick qui entri a gamba tesa però! Servirebbero altre due interviste minimo per parlare della situazione attuale. Vediamo se abbiamo il dono del riassunto e riusciamo a essere brevi e coincisi.

Potremo partire dal fatto che siamo entrati nel secondo ventennio ad esempio, che la deriva fascista non è più definibile tale in Italia, in quanto da deriva e diventata dura realtà. Decisamente degno di menzione è anche il riaffiorare ed esorbitante prender piede dell’ ideologia nazista nel nostro indecente continente. Preoccupante è che ciò non avvenga più “sotto-traccia”, ma alla luce del sole, con comizi, riunioni, eventi ed incontri ufficiali i cui organizzatori/partecipanti sono partiti, esaltati, simpatizzanti e finanziatori, tutti di estrema destra (AfD docet).

La storia purtroppo insegna che nei periodi di crisi riemerga e attecchisca il fascismo, con tutto ciò che esso comporta: razzismo, allarmismo che sottende aumento del controllo, seguito dalla strategia del terrore per poter giustificare l’escalation della repressione. Tutto questo si regge sulla necessaria individuazione di un capro espiatorio che fornisca alle masse l’archetipo del male, la causa di qualsivoglia disgrazia, propagandando la convinzione che, solo eliminandolo ed estirpandolo, tutto potrà tornare all’epoca d’oro precedente, epoca che, in ogni caso, non ci risulta si sia mai palesata.

Ci vengono in mente i cortei da ventenni, quando nelle piazze si sentivano i primi cori contro la Fortezza Europa: bene, sappi che da Aprile sarà assolutamente corretto definirla tale. L’Unione Europea approverà un nuovo patto per le migrazioni e l’asilo politico che definirlo terrificante e disumano è indorarlo. Abbiamo tradotto proprio in questi giorni un articolo dei No Borders Team polacchi in merito. Consigliamo a tutti di leggerlo, lo trovate sia sulla nostra pagina Facebook che sul nostro blog. Un piccolo assaggio? Verrà introdotto un regolamento d’emergenza, il quale consentirà di catalogare un flusso migratorio come azione premeditata per destabilizzare l’UE da parte di altri paesi ed organizzazioni. Se questo scenario si verificasse gli stati potranno adottare misure ancora più drastiche di quelle già inconcepibilmente attuabili, arrivando anche ad escludere l’obbligo per le nazioni europee coinvolte di rispettare i diritti umani e la Convenzione di Ginevra. 

Altra legna al fuoco? Parliamo di CPR?

Veri e propri lager, contro i quali lottiamo da anni, precisamente dalla loro istituzione nel 1998 quando Livia Turco e Napolitano li hanno introdotti. Tuttavia, sai cosa troviamo allarmante? La differente percezione di queste strutture all’interno dell’opinione pubblica.

Premesso, l’analisi che segue resta un nostro mero pensiero e una visione basata sul nostro vissuto. Proprio dal 1998, nonostante i cambi di nome (CPT, CIE, CPR… scusaci, però una merda la puoi anche chiamare deiezione, ma puzza uguale e merda resta) le realtà che lottano contro questi buchi neri dell’esistente, fortunatamente, ci sono sempre state. Come noi, anche loro da anni sono ancora lì a combatterli. Tragicomico è invece che altrove non se ne parli mai, oppure, se questo avviene, sia grazie a una notizia concessa e servita dai media. Tutto ciò per dire cosa? Abbiamo l’impressione che oramai questi “non luoghi” si siano coagulati e siano stati digeriti dalla gran parte della popolazione. Mostri contro cui nulla si può, oppure contro i quali scatta il più becero qualunquismo del “eh quale sarebbe l’alternativa?”. Ancor peggio, scoprire che, purtroppo ci sono persone che nemmeno sanno cosa sono. Aberrante.

Questo ragionamento lo abbiamo fatto dal momento in cui abbiamo appreso che in una città sono scesi un migliaio di cittadini a protestare per un progetto di costruzione (non ancora approvato ci risulta) di un CPR. Dirai, “e allora non è giusto?” Non sosteniamo che in sé sia sbagliato, tuttavia, riteniamo che, dal momento in cui l’anno scorso si sono contate decine di morti nei CPR esistenti, passati sotto un silenzio assordante, il quale a momenti copriva anche le solite poche voci conosciute che denunciavano questo abominio, le realtà che hanno contestato in quella città non si siano mai viste né sentite. Questo ci ha portato a pensare del come siano possibili i due pesi e le due misure sul medesimo tema, sulla medesima lotta. Sulla pelle delle persone. 

Letture differenti della realtà, legate a nostro parere, ad altri miseri qualunquismi permeanti le folle che manifestano contro la “guerra di turno” (passacela, ormai ci conosci, sai che siamo caustici): la definiamo in tal modo poiché il suddetto conflitto viene portato all’attenzione degli indignati dormienti dai riflettori dei media. Così, mentre si urla no alla guerra,  non si menzionano, ad esempio, i 24,5 miliardi di euro stanziati dal governo per l’acquisto mezzi cingolati e altri veicoli. 

Ci vediamo dietro i soliti aspiranti menestrelli della lotta, con la differenza che ora le battaglie vengono scelte in base alla visibilità e alla rilevanza data dai mezzi di informazione. O meglio, in base a quello di cui parlano questi ultimi.

Com’è possibile essere tutti in piazza in nome del Rojava, per poi archiviarlo poiché esplode il conflitto ucraino, e lasciarsi in seguito anche questo alle spalle per dedicarsi al conflitto Israeliano Palestinese?

L’ultimo tema ci è decisamente molto caro, dato che, e non serve che te lo diciamo noi, non si tratta di un conflitto iniziato ad Ottobre, ma nella metà del secolo scorso. Svegliarsi ora lo reputiamo indegno.

Questo è un’aspetto che ci lascia interdetti, e reputiamo si coniughi con un altro degno di nota: la noncuranza spacciata per impegno e l’arrogante superficialità con cui vediamo argomentare battaglie che smuovono le masse.

Parliamo ad esempio dei taluni nuovi profeti dell’ambiente: come si fa ad eleggersi difensori di quest’ultimo menzionando sempre e sola sta benedetta crisi climatica senza mai citare il capitalismo? Ma al di là di questo, come si può parlare di emergenza del clima nominando solo i combustibili fossili e non tutto il sistema industriale ed economico che è alla base dell’inquinamento stesso e dell’avvelenamento del pianeta? Com’è possibile rispondere a qualsivoglia domanda con le solite argomentazioni logicamente e sintatticamente sconnesse dal quesito stesso? Com’è ammissibile reclamizzare la riduzione delle emissioni di CO2 dello stato italiano, entro un certa scadenza, come obbiettivo primario da raggiungere per la salvezza del pianeta, senza accennare alle responsabilità in materia di Cina, USA o India ad esempio? 

Sarebbero tantissime le cose da dire Nick, ma non vogliamo nemmeno perdere troppo tempo in merito alle passeggiate con striscione e alle battaglie condotte nei format televisivi.

Non sai nemmeno quante volte ci siamo trovati a parlare e a ragionare sul come si è arrivati a questa situazione.

Riflettendo assieme sui nostri vissuti abbiamo affrontato più volte la questione delle modalità di lotta/cortei/contestazioni e di come si sono evolute fino ad oggi. Effettivamente nel nostro collettivo questo è un argomento di discussione e confronto potenzialmente inesauribile, sicuramente legato al fatto che tutti abbiamo esperienze differenti e, come ti dicevo prima, anche se ci sono degli eventi, delle mobilitazioni che ci accomunano, li abbiamo visti e vissuti da angolazioni diverse. Ti faccio degli esempi: ci sono compagni che hanno vissuto Genova nel 2001 assieme con i famigerati capri espiatori cinerei, altri che, al contrario arrivano dal mondo dei centri sociali. Chi è andato a Roma il 14 Dicembre 2010 e si è riscoperto all’interno di una dinamica totalmente differente. Compagni che vissero il 15 Ottobre 2011, (verbo non usato a caso: un muro quel giorno recitava:“oggi abbiamo vissuto”, come dargli torto): alcuni assieme a coloro che vennero infamati e altri con le realtà che si diedero alla pubblica delazione, motivo per cui se ne allontanarono. Compagni che possono parlare di Cremona che si rivolta per Emilio, e altri che invece sono andato a Torino a “prendersi tutta la città”, resa orfana dell’ Asilo Occupato. Altri che si batterono liberando e liberandosi al Brennero. A proposito Nick, ne approfittiamo per ricordare che il 5 Marzo c’è la cassazione per tutti gli imputati proprio per i fatti avvenuti al Brennero nel 2016: ci sono una trentina di compagni che rischiano in totale 130 anni di carcere. Cogliamo l’occasione per lasciarvi l’IBAN della cassa antirepressione, se qualcuno volesse e potesse sostenerci.

IBAN: IT04H3608105138216260316268 – intestato a: Kamilla Bezerra – causale: solidarietà Brennero.

Stiamo al fianco di chi lotta, come sempre.

Torniamo a noi e alle nostre sedute terapeutiche, dipanate dalla lettura del passato per comprendere il presente. Da questi scambi di esperienze e punti di vista siamo cresciuti, anzi meglio dire, ci siamo evoluti tutti: chi ha alimentato le proprie opinioni, chi le ha sconvolte e chi le ha integrate. In ogni caso siamo riusciti a spiegarci gli ultimi vent’anni da più prospettive, giungendo però a una visione d’insieme comune.

Lo sappiamo, ti starai sicuramente chiedendo quando arriviamo al punto. Proprio ora! Questa premessa ci permette di rispondere alle domande “cosa è mutato in peggio e cosa in meglio?”. 

Dopo la rivolta di Genova ci vollero un decina di anni per arrivare a un altro tumulto, anzi a due per la precisione e nel giro di 10 mesi (Dicembre 2010/Ottobre 2011).

Purtroppo la repressione dello stato arriva puntualmente (Chucky, non ti dimentichiamo. Sei nel cuore, sempre) , questa volta miscelata alla demonizzazione, all’infamia e alla campagna denigratoria riservata a coloro che rifiutano la logica del pacifismo/non-violenza, poiché credono nella libertà del praticare azioni dirette.  Meglio ancora, a coloro che vogliono essere liberi di scegliere il proprio metodo di lotta, quello in cui più si riconoscono e che più li rappresenta. Tutto questo dispositivo repressivo ha portato nuovamente allo smorzarsi di una nuova realtà, prevalentemente giovanile, allora alla stato embrionale, che iniziava a sollevarsi, utilizzando pratiche e metodi secondo noi più concreti. Ragazzi e ragazze che si ribellavano, ridando significato e dignità a questo verbo, in nome non solo del futuro, ma anche del presente loro rubato. 

Sappiamo tutti come è andata a finire. 

Le piazze furono attraversate per anni solamente dai soliti portacroce del pacifismo, unico modus operandi ammesso la disobbedienza civile. Passarono quattro anni e arrivò quella che per noi fu la meraviglia del No-Expo di Milano nel 2015. Nel 2016 ci fu Cremona e il Brennero fino ad arrivare nel 2019 allo sgombero dell’Asilo a Torino. Citiamo solo alcuni esempi ovviamente. Queste rivolte collettive si sono svolte in autonomia, tendenzialmente non più condividendo la stessa piazza, ma cercando uno spazio autonomo, dove potere praticare secondo i propri desideri le proprie azioni.

Purtroppo queste dinamiche, a noi tanto affini, non le abbiamo più viste, se non all’estero. Quelle da tutti  indistintamente idolatrate ovviamente. Ma si sa, gli anarchici del vicino sono sempre più giustificabilmente fighi!

Questo è il cambiamento peggiorativo: l’eredità lasciata dalla repressione perpetrata sia dal braccio armato dello stato che dai catechisti delle giuste piazze, provocò un allontanamento di numerose individualità dalla lotta, oltre alla frammentazione delle varie realtà istituzionalizzate o aspiranti tali. In aggiunta ci fu la pubblica e mediatica gogna dove vennero sacrificati gli ingovernabili, mentre dal candido pulpito tutta la società civile dogmatizzava la disobbedienza non-violenta quale unica fede praticabile e permessa. La conseguenza fu il livellare le proteste a misere manifestazioni dimostrative deambulanti, sovente alternate o accompagnate da azioni (indegne di questa definizione) il quale obbiettivo sembra solo essere il numero di visualizzazioni, like e condivisioni oppure l’ andare a caccia di donazioni.

Qui si appende uno striscione su un distributore di benzina e si parla di occupazione e di blocco ti rendi conto? Non avremo mai pensato di assistere alla mistificazione e strumentalizzazione immediata delle proteste da parte degli stessi protagonisti. 

Sì, stiamo ridendo Nick, sai che siamo beceri, ma stiamo ancora aspettando che qualcuno ci porti dei risultati della tanta proclamata non violenza, risultati reali, non falsati dal revisionismo storico, e non entriamo nel merito.

Sorvolando sul fatto che la non violenza è una scelta che solo l’occidentale, tendenzialmente bianco, che non ha ancora raschiato il fondo della sopravvivenza si può permettere, il problema è che tutta questa deriva, come già accennato, ha privato le lotte dell’anima, del contenuto, delle argomentazioni. Rappresentazioni di meri slogan e di comunicati copia e incolla a social unificati. Il mezzo che supera per importanza il fine. Ci chiediamo come dopo anni privi di risultati grazie alla scelta di codeste modalità, e non parliamo di successi per carità, ma anche di piccoli tasselli tangibili, di piccole conquiste, si sia ancora qui a sputare su chi non rispetta il democratico dissenso e a elogiare metodi che a nulla conducono. Errare è umano ma perseverare è idiota!

Si è passati dalla spettacolarizzazione della lotta alla costruzione della sua commedia: la parvenza che si stia lottando, la convinzione di fare qualcosa per migliorare questo inferno in terra, senza però far nulla.

Bene, dopo esserci tolti qualche sampietrino dalla scarpa, possiamo dirti cosa vediamo invece di positivo.

Crediamo che proprio questo percorso ci possa indirizzare verso azioni mirate, esuli dalle piazze, azioni che effettivamente vadano a minare, sabotare o in caso anche solo a disturbare, il lento dominio del capitale che inonda affogando tutte le nostre vite. Altro ragionamento condiviso è che la lotta a questo sistema repressivo e divora vita, non passa unicamente per le piazze, o attraverso altre iniziative, ma si irradia anche negli scritti, nei comunicati, nelle traduzioni, nello scambio di informazioni, nella libera produzione e diffusione del sapere. Crediamo fermamente nell’autogestione, aggiungendo che solidarietà e mutuo soccorso siano il sangue che debba pompare nel e dal cuore di ogni battaglia.

Arriviamo alla domanda che riguarda i rimpianti.

Come collettivo siamo troppo giovani ancora per averne, l’unico che possiamo abbozzare è il non esserci ritrovati prima, ma probabilmente non saremo potuti essere in tutto e per tutto quello che ora siamo.

Per quanto riguarda i rimorsi di ognuno, non ci arroghiamo il diritto di parlare a nome dei compagni che non partecipano a questa intervista oggi. Noi personalmente non ne abbiamo. O speriamo di averli dimenticati!

 

Nick: Intanto vi ringrazio nuovamente per aver partecipato a questa chiacchierata. Ci salutiamo con l’ultima domanda… anzi, meglio ancora, l’ultima presa di posizione: fate un appello ai nostri lettori, il più importante che possa venirvi in mente, perché sia letto e assimilato da più persone possibili.

BlackWave Collective: 

Nick, noi per primi vi dobbiamo ringraziare, e di cuore!

Ti lasciamo con una parte di uno scritto di Fronde Noire, una scrittrice nonché una compagna che, nonostante non abbiamo mai conosciuto, con le sue parole dice quello che noi profani della scrittura pensiamo ma non riusciamo ad esprimere. 

E’ un estratto del testo “Neri come la vita”, trovate la versione integrale sulla sua pagina Facebook, e non potremo pensare ad un appello migliore per chi ci sta leggendo:

“Voi siete veramente convinti che le persone siano così povere interiormente, così scarne

intellettivamente, così primitive socialmente da non essere in grado di convivere senza leggi

(ingiuste) norme (inutili) classi (inesistenti nelle leggi, ma che esse stesse creano)?

Avete veramente così scarsa fiducia, cosi poca stima di voi stessi? 

Veramente vi credete così inetti da dover aver qualcuno che vi dica cosa fare, come vivere, quanto lavorare, cosa sia giusto possedere, cosa no, cosa sia bello/brutto/corretto/scorretto/legale/illegale/accettabile/

intollerabile/essenziale/inutile? 

Noi no. 

Noi crediamo che ognuno sia in grado di scegliere da solo, che l’etica sia implicita nell’essere umano, che l’autogestione sia non possibile, ma attuabile e fattibile in una società formata solo da ciò che è essenziale e necessario. Dove il mutuo soccorso sia alla base della solidarietà e dei rapporti.

Dove si combattano le disuguaglianze e ci si prodighi per creare legami e benessere per tutti.

In fin dei conti la disparità non è forse nata quando fu istituita una proprietà privata? 

La povertà non l’ha partorita il denaro? 

Lo sfruttamento non ha suoi albori nel momento in cui in nome di qualsivoglia dio o della smania di accedere alle altrui risorse, coloro che si sono arrogati il diritto di comandare e comandarci hanno invaso l’altrui terra? 

Tutte le istituzioni, le strutture, le norme una cosa sola hanno fatto: creato divisioni, minato la libertà, deperito il libero arbitrio, depredandoci della nostra capacità di crederci autonomi, rendendoci soggiogati al potere così fortemente e intrinsecamente da impedirci di immaginare una realtà differente.

Tutto questo fatto in nome della “vostra libertà”. Dei vostri diritti. 

Predicavano i vostri interessi, mentre vi rendevano meri schiavi, automi. 

Come possiamo vedere solo noi tutto questo? 

Questo vorremo, che voi guardaste attraverso i nostri occhi.

Che crediate in voi stessi e nell’altro.

Che provaste a sentire quanto è buono il profumo della libertà.

Fronde Noire

Credo che non abbiamo altro da aggiungere, se non altri ringraziamenti a tutti voi, e, per concludere, vorremo rivolgere poche parole ad alcuni nostri compagni:

  • un abbraccio forte ai 10 di Genova. In ogni caso, nessun rimorso.
  • A Jimmy: non sappiamo dove tu sia ma ti auguriamo ogni bene. Per sempre con Paola nel cuore.
  • A Casper: quando la smetterai di andare a letto alle 9 di sera ti aspettiamo in consolle.
  • A Sara: quando pensiamo che tutto vada storto pensiamo a te. La vincita alla lotteria. Sei un dono. Inimmaginabile questa vita senza di te.
  • A Mauro: sarai sempre assieme a noi, come in quella piazza. 
  • A Lello: perché sei sempre al nostro fianco, o, in alternativa, davanti a noi urlante per evitare che gli sbirri ci portino via.
  • A SupportoLegale. Voi sapete. 
  • A Rupert, Dayvid, Stecco, Paska, Nasci, Poza e Juan: un Omaggio.

“A chi ha dato qualcosa.
A chi ha dato tutto.
A chi guarda feroce senza avere il ghigno di questo mondo.
A chi lascia tracce profonde senza scriverci “io” ”

(Ludd HC)

  • a tutti i compagni prigionieri e a tutti coloro in attesa dell’infame sentenza: solidali se assolti, ancora di più se colpevoli!

The BlackWave Collective


Refuse Resist n. 17 – DOWNLOAD PDF